Lo Starez
Ioànn (Krestiànkin)
Poco fa mi ha telefonato dal Monastero di Pskòvo-Pecèrskij il mio padre spirituale l’Archimandrita Ioànn* (Krestiànkin)** e ha detto: “Ecco, tra poco morirò. Perciò datti da fare, scrivi quello che ricordi e che vuoi dire di me. Perché dopo lo stesso scriverete, e potrete inventare delle stupidaggini, com’era successo con il povero p. Nikolaj, che “anche dei gatti risuscitava” ed altre sciocchezze. Io stesso qui guarderò, e poi sarò tranquillo”.
Eseguendo l’ubbidienza al padre spirituale comincio a fare questi scritti nella speranza che lui separerà il grano dalla pula, correggerà gli errori.
Non scriverò molto dell’importanza, per me, del p. Ioànn. Tutta la mia vita monastica è legata inseparabilmente a lui. Lui era e rimane, per me, l’ideale di un cristiano ortodosso, di un monaco, di un padre - sacerdote che sa amare e esigere.
Raccontare tutto che era successo in più di venti anni della vita, naturalmente, è impossibile. I suoi consigli spirituali ognuno può leggere nei tre volumi delle sue lettere, usciti poco fa dalla stampa. Dal mio punto di vista, questi sono la cosa migliore, fra gli scritti spirituali, stampata negli ultimi cinquant’anni in Russia. Io invece vorrei raccontare dell’altro, cioè delle cose di cui sono stato un testimone diretto.
La più importante qualità spirituale del p. Ioànn era e sarà sempre, per me, non solo il dono di ragione, ma anche la fede irremovibile nella perfetta e benevole provvidenza Divina, che porta ogni cristiano alla salvezza. In uno dei libri del p. Ioànn dall’epigrafe fanno le parole dello stesso Starez che lui ripeteva spesso: “La cosa più importante, nella vita spirituale, è la fede nella provvidenza Divina e il ragionamento con consiglio”. Una volta, in risposta alle mie perplessità, il padre ha scritto: “Ecco, ora sto leggendo le paremie con la grande attenzione e vedo la loro profondità: “Il cuore umano studia il proprio cammino, ma è il Signore che lo guida” – questo, l’ha sperimentato su sé stesso il saggio Solomone (cap. 16, v. 9). E Lei ancora molte volte, nella vita, si convincerà che questo sia proprio così, e non altrimenti”.
Non impongo a nessuno il mio punto di vista, ma io stesso sono profondamente convinto, che il p. Ioànn sia una delle poche persone del nostro tempo a chi Il Signore apre la propria volontà sia riguardo le persone concrete sia riguardo gli avvenimenti, che succedono nella Chiesa e nel mondo.
Forse, queste qualità sono la più alta dimostrazione dell’amore per Dio e dell’abnegazione per la Sua santa volontà, in risposta a quali Il Signore apre al cristiano asceta le sorti della gente, cioè rende tale persona il Suo complice. Ripeto, non impongo la mia opinione, ma ad essa mi hanno portato tante storie di vita. E non solo me. I miei amici più cari, ora defunti il p. Rafail e l’igumeno (il superiore) Nikita, che proprio loro mi hanno fatto conoscere il p. Ioànn, prima di tutto ringraziavano Dio per avergli dato in padri spirituali una persona a chi sia aperta la volontà Divina, ed ognuno di noi l’ha sperimentato su sé stesso. Anche se, purtroppo, pur di conoscendo la volontà di Dio, noi spesso non troviamo le forze e la determinatezza di eseguirla. Ma di questo, ne parlerò più in là.
Ho conosciuto il p. Ioànn in autunno del 1982, quando subito dopo il battesimo sono andato nel Monastero di Pskòvo-Pecèrskij. Allora, per quanto ricordo, lui non ha suscitato, in me, una grande impressione: un vecchietto molto buono, abbastanza tonico (allora aveva settantadue anni), sempre affrettato, sempre circondato dalle folle dei pellegrini. Gli altri abitanti si presentavano molto più ascetici. Ma è passato un po’ di tempo, ed io ho cominciato a capire, che questo vecchietto era quello chi, in Russia, era chiamato lo Starez – il fenomeno rarissimo e preziosissimo nella Chiesa.
La fiducia e l’ubbidienza fanno la regola principale del dialogo tra un cristiano ed il suo padre spirituale. Certamente, questo non vale per tutti i confessori a chi ci rivolgiamo. Le persone di cui parlo sono uniche. In realtà, questa sia una questione molto fine. Spesso succedono delle gravi tragedie, quelle spirituali e quelle della vita, quando i sacerdoti irragionevoli si considerano gli starez, e i loro sfortunati figli spirituali si assumono la totale ubbidienza, nei nostri tempi impossibile e innaturale.
Certamente, il p. Ioànn mai dettava e mai costringeva seguire i suoi consigli spirituali. L’esperienza e il tempo portavano una persona ad ubbidirgli liberamente e sinceramente. Lui non si è mai chiamato uno starez. E quando lo chiamavo lo starez gli altri, lui sogghignava e rispondeva, che ora non ci sono gli starez, ma ci sono solo i vecchietti esperti. Lui ne è convinto anche ora, come lo sono io del fatto, che Dio mi ha dato un vero Starez, che sappia la volontà Divina per me e per tutti gli avvenimenti legati alla mia salvezza.
Ricordo, che quando ero ancora il novizio, nel Monastero mi si è avvicinato un pellegrino di Mosca e mi ha raccontato una storia di cui poco prima è stato il testimone. Il p. Ioànn circondato dai pellegrini si affrettava lungo il cortile del Monastero verso il tempio. All’improvviso verso lui si è lanciata una donna con il bambino di tre anni in braccio:
- Padre, mi dia la benedizione per l’operazione, i dottori esigono d’urgenza di operarlo a Mosca.
E in quel momento è successa la cosa, che ha sbalordita sia il pellegrino che me. Il p. Ioànn si è fermato e le ha detto fermamente: “Per nessuna ragione! Lui morirà durante l’operazione. Prega, curalo, ma non fare l’operazione per nessuna ragione. Lui guarirà”. E ha fatto il segno della croce sul bambino.
Io e il pellegrino rabbrividivamo dal pensiero – e se il p. Ioànn si fosse sbagliato? Cosa succederà se il bambino morirà? Cosa farà la madre, con il p. Ioànn, se succederà questo? Noi non potevamo sospettare il p. Ioànn nella volgare opposizione alla medicina che, anche se di rado, ma s’incontra nell’ambiente ecclesiastico, perché noi conoscevamo molti casi quando il p. Ioànn benediva e persino insisteva, perché l’operazione sia fatta. Tra i suoi figli spirituali c’erano tanti dottori famosi. Noi aspettavamo con l’orrore lo sviluppo della situazione. Aspettavamo che verrà nel Monastero la madre uccisa dal dolore e farà uno scandalo grandioso. Oppure non succederà niente, come aveva predetto il p. Ioànn?
E si vede, che non era successo niente, visto che il p. Ioànn sempre faceva la sua corsa giornaliera tra il tempio e la cella circondato dai pellegrini pieni di speranza e di gratitudine. Ci rimaneva solo pensare, che il p. Ioànn abbia visto la provvidenza Divina per quello bambino e si era assunto una grande responsabilità per la sua vita, e il Signore non ha negato la fede e la speranza del suo servo fedele.
Mi sono ricordato di questa storia dieci anni più tardi, nel 1993, quando una storia simile si è conclusa, da una parte, tragicamente, per la mente umana, ma dall’altra parte, per le preghiere del p. Ioànn, ha servito per la salvezza di un’anima cristiana e di lezione severo per i testimoni di essa.
Di solito essendo sicurissimo della saggezza e salvezza dei propri consigli, il p. Ioann cerca sempre di convincere, persino chiedere, pregare che i suoi consigli siano osservati. Se invece la persona interessata sia testarda e non vuole ubbidire, il p. Ioann di solito sospira e dice: “Mah! Va bene. Faccia come vuole”. E sempre, per quanto ne so, tutti che si opponevano ai consigli saggi del p. Ioann, alla fine se ne pentivano amaramente e di solito tornavano da lui con il fermo desiderio di eseguire alla lettera tutto che dirà in futuro. Il p. Ioànn, con gli irremovibili amore e compassione, accoglieva tali persone, non si dispiaceva per la perdita del tempo e con tutte le forze cercava di riparare i danni della loro disubbidienza.
A Mosca abitava una signora molto interessante e originale, Valentìna Pàvlovna Konovàlova… Lei era una vera commercialista moscovita, dell’altra epoca, sembrava che era scesa dai quadri di Kustodiev. All’inizio degli anni Novanta aveva attorno ai sessanta. Lei era il Direttore Generale di un Centro di provviste del corso di Mir a Mosca. Grossa, di piccola statura, lei troneggiava al tavolo nel suo ufficio, dietro la sua schiena, anche durante i periodi più difficili dell’epoca sovietica, c’erano le icone, quelle grandi di Sofrino, e sotto i suoi piedi c’era un grande sacco di polietilene pieno di soldi che lei gestiva come voleva, ora mandando gli inviati a comprare una partita degli ortaggi freschi, ora distribuendoli tra i mendicanti e pellegrini che affluivano al suo Centro. I suoi inferiori la temevano, ma amavano. Ogni Quaresima lei organizzava un generale Sobòrovanie (Estrema Unzione - ndr) direttamente nel suo ufficio, nel quale partecipavano devotamente anche gli operai tartari (musulmani – ndr). Spesso in quegli anni del deficit totale da lei venivano i rettori delle chiese moscoviti e persino i vescovi. Con alcuni lei era discretamente rispettosa, con altri persino asciutta e rude - con quelli che non approvava “per l’ecumenismo”.
Più volte per la sant’ubbidienza sono andato da Peciòry a Mosca con un camion per prendere gli alimentari per il Monastero alla vigilia di Pasqua o Natale. Valentina Pavlovna noi, i novizi, accoglieva caldamente da madre, ed abbiamo fatto l’amicizia. Tantopiù che avevamo un tema in comune – il nostro comune padre spirituale Ioànn. Il Padre era, penso, l’unica persona al mondo chi Valentina Pavlovna temeva, infinitamente rispettava ed amava. Due volte all’anno lei, con i suoi collaboratori più intimi, andava a Peciòry, ci stava, digiunava e confessava. In quei giorni era irriconoscibile – quieta, timida, pudica. Lei non faceva ricordare per niente la “zarina moscovita” ch’era.
Alla fine del 1993 ho avuto alcuni cambiamenti nella mia vita, sono stato nominato il priore della Rappresentanza del Monastero Pskòvo-Peciòrskij a Mosca (ora il Monastero Srètenskij). Allora ci tornavo spesso, al Monastero di Peciòry. Valentina Pavlovna aveva il mal di occhi, niente di speciale, la solita cataratta. Una volta mi ha chiesto di prendere la benedizione dal padre Ioànn per l’operazione presso l’Istituto di Fedorov. La risposta del p. Ioànn mi ha meravigliata: “No, no, per nessun motivo. Non ora, deve passare del tempo”. Il giorno dopo ho trasmesso la risposta del Padre a lei, parola per parola. Lei si era rattristita enormemente. Lei gli ha scritto una lettera, dove spiegava le ragioni dicendo che era una cosa da niente, non degna di nessun’attenzione.
Il p. Ioànn, certamente, anche senza lei sapeva, cosa sia un’operazione di cataratta e che sia un’operazione semplice. Ma dopo aver letto la sua lettera, lui si è allarmato non poco. Siamo rimasti a lungo a parlare, e lui mi diceva di far tutto pur di convincere Valentina Pavlovna di non fare quest’operazione ora. Lui le ha scritto una risposta, dove le chiedeva, la supplicava di rimandare. Persino aveva scritto che da Padre Spirituale le proibiva di farla.
In quel periodo le circostanze si sono combinate in un modo, che ho avuto due settimane liberi. Non andavo in vacanza da più di dieci anni, perciò il p. Ioànn mi ha benedetto di andare in Crimea in un sanatorio, e di portare con me Valentina Pavlovna. Ne ha scritto anche a lei dicendo che l’operazione, lei la potrà fare un mese più tardi, quando tornerà dalla vacanza. Quando ci stavamo congedando, mi ha detto con tristezza: “Se lei la farà ora, morirà”.
Ma a Mosca ho visto, che la situazione è peggiorata. Forse, per la prima volta in vita sua, Valentina Pavlovna si è ribellata contro l'opinione dello Starez. Lei all’inizio ha negato categoricamente di andare in Crimea, ma dopo si è calmata un poco ed ha acconsentito. Ma quello che riguardava l’operazione, la faceva infuriare, perché per una cosa così futile il p. Ioann “faceva il difficile”. Le ho detto che in ogni caso comincio a organizzare il viaggio e tra poco ce ne andiamo in Crimea.
Passati alcuni giorni, ho ricevuto dal Patriarca il permesso per la vacanza, ho pagato due viaggi che in quella stagione era facile da fare, ed ho telefonato a Valentina Pavlovna per informarla.
- Lei è all’ospedale, sta facendo l’operazione – mi ha detto il suo vice.
- Come?! – ho gridato nella cornetta. – Il padre Ioànn l’aveva categoricamente proibito di farlo!
Così ho saputo che un paio di giorni fa da lei è passata una monaca che una volta faceva la dottoressa, e quando ha saputo di tutta la storia della cataratta, anche lei si era indignata per la decisione del p. Ioànn, così si è incaricata di prendere la benedizione per l’operazione da uno dei confessori del Làvra di Tròize-Sèrghiev. La benedizione è stata data, e Valentina Pavlovna è andata all’Istituto di Fedorov, pensando dopo una semplice e veloce operazione di andare con me in Crimea. E’ stata preparata, ma durante l’operazione lei ha avuto un grave ictus e la paralisi totale. Appena l’ho saputo, ho corso verso il telefono per telefonare all’economo del Monastero il p. Filaret, che faceva il guardiano alla cella del p. Ioànn. Nei casi estremi il p. Ioànn scendeva nella cella del p. Filaret per usare il telefono.
- Ma come potete fare questo, perché non mi ascoltate? - quasi piangeva il p. Ioànn, - se insisto, vuol dire so, cosa dico!
Cosa gli potevo rispondere? Ho domandato cosa dobbiamo fare, ora. Valentina Pavlovna era priva di sensi. Il p. Ioann ha detto di portare i Sacri Doni di Riserva dalla chiesa in cella e, appena Valentina Pavlovna tornerà in sé, subito correre da lei, confessarla e fare la Comunione.
Per le preghiere del p. Ioànn, Valentina Pavlovna ha riavuto i sensi il giorno successivo. I suoi parenti mi hanno subito telefonato e dopo mezz’ora ero già nell’ospedale. Mi hanno portato Valentina Pavlovna sul carrello metallico in una delle stanze del Reparto Rianimazione. Lei ci giaceva, molto piccola, sotto il lenzuolo bianco. Lei non poteva parlare e avvistandomi solamente ha cominciato a piangere. Ma anche senza le parole mi era chiara la sua confessione - come lei si era lasciata vincere dalle suggestioni diaboliche di disubbidire il padre spirituale. Ho letto, sopra di lei, la preghiera di rimessione e ho somministrato la comunione. Ci siamo congedati. Poi il giorno successivo le ha fatto la comunione ancora una volta il p. Vladimir Ciuvikin, dopo ciò lei è morta. Secondo una credenza antica della Chiesa, l’anima di una persona che nel giorno della sua morte abbia fatto la Comunione, va direttamente al Dio schivando le tentazioni di mytàrstva (traversie, una fila di frontiere verso il Cielo dove l’anima viene controllata dai demoni se abbia qualche peccato non confessato secondo ogni gradino di quella fila – ndr). Questo fenomeno avviene o con gli asceti veri, oppure con le persone dal cuore nettamente pulito. Oppure con quelli chi abbia un uomo di preghiera molto forte.
Anche la storia del rinascimento del Monastero Srètenskij è strettamente legata all’Archimandrita Ioànn. In quel lontano 1993 sono venuto da lui con un mucchio dei problemi….
… E’ inutile dire che le benedizioni ed i consigli del p. Ioànn per l’organizzazione della vita monastica sono, per noi, molto desiderati e validi. Ma, devo ammetterlo, qualche volta ho ricevuto, da lui, le lettere non sempre dolci, ma duri talmente tanto, che per molti giorni mi era difficile ritrovare la pace.
Di solito, quando qualcuno comincia a ricordare del p. Ioànn, scrive che lui era benevole, dolce, buono, amorevole. Sì, è vero, posso confermare che non ho mai visto una persona in vita mia che poteva mostrare un amore cristiano così sincero, paterno. Ma non si può non dire che quand’era necessario, il p. Ioànn poteva essere davvero molto severo. Lui sa trovare tali parole di smascheramento dopo le quali non si può invidiare il suo interlocutore. Ricordo, quand’ero il novizio al Monastero, una volta ho sentito che il p. Ioànn aveva detto ai due monaci: “Come potete pensare che siete dei monaci, siete solamente dei buoni ragazzi”.
Il p. Ioànn non si vergogna e non teme mai dire la verità senza badare ai ranghi, e lo fa all’unico scopo di correggere, di salvare l’anima del proprio interlocutore, che sia un vescovo o un novizio. Queste durezza e intransigenza sono state allevate nell’anima del p. Ioànn ancora nell’infanzia, quando lui frequentava gli asceti ed i futuri neo-martiri. E tutto ciò era la manifestazione del vero amore cristiano per il Dio e per gli uomini. Oltre alla, certamente, dimostrazione della vera coscienza ecclesiastica.
Ecco una sua risposta ad una mia domanda della lettera del 1997: “EccoLe ancora un esempio dal salvadanaio della mia memoria per un’analoga situazione. Avevo dodici anni, ma l’impressione è stata talmente forte che anch’oggi vedo e ricordo tutti i partecipanti.
Nella nostra città di Orel c’era un eccellente Vladyka (così sono chiamati i vescovi – ndr), l’Arcivescovo Serafìm (Ostroùmov) – intelligentissimo, amorevolissimo, benevolissimo, e non posso elencare tutti gli epiteti per lodarlo. Anche con la propria vita, sembra, si preparava alla corona di martire, il che, in effetti, si è avverato.
Allora, durante la funzione della Domenica di Perdono questo Vescovo di Dio caccia dal Monastero due monaci, l’igumeno Kallist e il diacono monaco Tihon, per chissà che mancanza. Li caccia via davanti a tutti, in modo autoritario, riparando gli altri dalla tentazione, e subito dopo fa una predica della Domenica di Perdono, chiede lui stesso e concede il perdono a tutti.
La mia coscienza infantile era sbalordita, soprattutto dal fatto che tutto è successo nello stesso momento – sia la messa alla porta, cioè l’assenza del perdono, sia l’umile richiesta di perdono a tutti, e il perdonare tutti. Ho capito, allora, una cosa sola: che il castigo può essere l’inizio del perdono, e senza esso il perdono non può essere.
Ora m’inchino davanti al coraggio e alla saggezza del Vladyka, perché la lezione fatta da lui è rimasta un esempio vivo per tutti i presenti, come vedete, per tutta la vita”.
…Ho notato che il p. Ioànn abbia i determinati principi per i suoi consigli spirituali. Certamente, non li applica meccanicamente. Per esempio, lui dà la benedizione per il matrimonio solo dopo tre anni della conoscenza dei fidanzati. Con l’attuale impazienza dei giovani, questo periodo sembra lungo… Ma conosco più casi quando i sacerdoti, per la pietà, accorciavano il periodo benedetto dal p. Ioànn, e questo si rivelava una sconfitta, per la giovane famiglia.
Anche per i voti monacali il p. Ioànn esige un tempo prolungato, nonchè dà moltissima importanza alla benedizione dei genitori. Per esempio, ho aspettato quasi dieci anni la benedizione del p. Ioànn, finchè mia madre mi ha concesso la sua benedizione. Tutti questi anni alle mie preghiere impazienti il p. Ioànn rispondeva, che bisognava aspettare la benedizione della mia madre. E mi diceva che Dio non dimenticherà le mie pazienza e ubbidienza. Mi sono ricordato di queste parole quando stavo dando i voti monacali nel Monastero Donskòj. Le circostanze si erano messe in tal modo, che l’evento è coinciso con il giorno in cui compievo trentatrè anni, e sono stato chiamato in nome del mio più amato Santo - il Patriarca Tìhon.
Il p. Ioànn prova gran rispetto, amore e mostra grande ubbidienza per i vescovi e comunque le autorità ecclesiastiche. Lui è davvero una persona di chiesa. Tante volte lui ha benedetto di agire come lo deciderà il Patriarca, il vescovo, l’abate. La consapevolezza che la Verità esiste solo dentro la Chiesa Ortodossa gli è naturale, e lui cerca di trasferirla ai propri figli spirituali. Il p. Ioànn non sopporta nessun scisma, nessuna dissidenza e sempre senza paura e persino minacciosamente si esprimeva contro loro, anche se sapeva quante calunnie e persino quant’odio dovrà sopportare. Ma lui pazientava in tutto pur di poter andare, sia lui sia il suo greggio spirituale, per la strada reale, cioè quella di chiesa.
L’ha fatto anche durante le tentazioni cui è stata sottoposta la nostra Chiesa durante l’ultimo decennio: da una parte c’erano le tendenze di “rinnovamento”, dall’altra - le tendenze escatologiche poco sane.
Sia nel primo che nel secondo caso il p. Ioànn sapeva dividere l’amore per le persone perse dentro la vita spirituale a causa dell’inesperienza e le tentazioni del nemico, da una parte, e il danno che loro attivamente e persino violentemente volevano apportare alla Chiesa, dall’altra. L’enorme esperienza, quasi centenaria, del p. Ioànn gli dà un gran vantaggio, nella diversificazione degli spiriti, nella determinazione dello sviluppo di una o dell’altra idea moderna o dello zelo irragionevole. Infatti, non c’è niente di nuovo sotto la luna.
“Nella lotta ideata da Lei non parteciperò, - scrive il p. Ioànn ad un giovane e molto sincero sacerdote monaco che gli aveva offerto la partecipazione nel movimento “Per la vita senza il codice di identificazione” - me lo vieta lo stesso fragore di una simile attività, dove ci sono molte considerazione di sé, clamore e speranza non in Dio, ma in persona, tantopiù con la critica dei vertici della Chiesa, che traspirano in tutte le Sue espressioni. L’ho già visto decenni fa nelle azioni e nello spirito degli obnovlènzy (modernisti - ndr), che si erano ribellati contro il calmissimo Patriarca Tìhon, ma effettivamente - contro lo Stesso Dio e la Sua Chiesa”.
La propria sobria e profondamente pensata opinione a proposito dei problemi del globale controllo computerizzato e i fenomeni simili, nel mondo moderno, il p. Ioànn ha espresso più volte nelle sue lettere e prediche. Tutto questo è stato pubblicato più volte, e per gli uni è stato un motivo di riprendere la pace spirituale, la calma dopo gli umori rivoluzionari, la fiducia per la Chiesa Ortodossa Russa, ma per gli altri – un motivo per il dispiacere, per l’attacco allo Starez, persino per la diretta calunnia.
Penso che questa prova di calunnia e di odio all’età avanzata è stata permessa da Dio apposta. Mi sembra, lo starez Varsonofij di Optina avesse scritto da qualche parte che il Signore permette tali tentazioni ai Suoi servi fedeli proprio nell’ultimo periodo della loro vita come l’immagine della Golgota.
Alcuni anni prima il p. Ioànn, altrettanto senza l’esitazione, aveva scatenato una tempesta di fuoco su sé stesso per poter mettere in allarme il popolo di chiesa contro la tentazione del neo obnovlèncestvo (rinnovamento, modernismo). Lui più volte aveva incontrato e parlato con i più popolari sostenitori della modernizzazione e innovazione della Chiesa. E, solo dopo aver esaurito tutti i metodi di convincimento dell’estremo pericolo di quella strada, si è espresso chiaramente e in modo determinato, altamente e con la totale responsabilità per le sue parole: “Se noi non distruggeremo questo movimento, esso distruggerà la Chiesa”.
Sono stato il testimone di come il p. Ioànn sopportava l’odio e le calunnie, che riversavano su lui per la fermezza in Verità di Cristo. Vedevo il suo dolore, ma anche la bonarietà mentre sopportava l’incomprensione e il tradimento. E mai perdeva l’infinito amore e il perdono cristiano per gli offensori. Mi sono espresse nella memoria le sue parole della sua predica fatta nel tempio Mihàilovskij del Monastero Pskòvo-Peciòrskij nel 1985: “Ci è stato dato dal Signore il comandamento di amare il prossimo. Ma se i prossimi amino noi o non amino, non ce ne dobbiamo preoccupare. Ci dobbiamo preoccupare del nostro amore per loro”.
Un sacerdote moscovita, l’ex figlio spirituale del p. Ioànn, si è rivolto da me con una preghiera terribile – ridare la stola che gli è stata regalata dal p. Ioànn come la benedizione per il sacerdozio. Questo sacerdote, come l’ha detto lui, si era disilluso del p. Ioànn perché lui non aveva diviso le sue opinioni politiche dissidenti. Il fatto è avvenuto alla fine degli anni Ottanta. Chissà cosa abbia detto questo sacerdote, ma lui stesso non ascoltava nessuno e niente: non gli importava che il p. Ioànn ha passato molti anni nei campi di concentramento sovietici, che aveva subito le torture e non si è piegato, che proprio il p. Ioànn non poteva essere nemmeno sospettato di essere un conformista.
Con il gran peso al cuore ho portato la stola al p. Ioànn, e la sua reazione mi ha sbalordita. Lui si è fatto il segno della croce, con la venerazione ha baciato la stola ed ha detto semplicemente: “Con l’amore l’ho regalata, e con l’amore la riprendo”. Più tardi quel sacerdote era passato nell’altra giurisdizione, ma neanche lì gli è piaciuto, poi era passato nell’altra…
Non posso nascondere anche un altro fatto che, forse, susciterà diversi opinioni, ma per la verità della vita non posso tacerlo. Sì, il p. Ioànn senz’altro venera e si sottomette alla gerarchia ecclesiastica, ma non lo fa automaticamente, senza pensare. Sono stato il testimone del caso quando uno dei priori governatori del Monastero e il Vescovo vigente cercavano di ottenere da lui la benedizione per una loro decisione che al p. Ioànn non andava. Gli era necessario prendere la benedizione dello Starez per rendere la loro decisione più autorevole e pesante. Lo trattavano seriamente, come si dice, “con il coltello alla gola”. I monaci e i sacerdoti sanno cosa vuol dire contrastare la pressione del vescovo dirigente e del priore governatore. Ma il p. Ioànn ha sopportato molto serenamente quest’attacco di molti giorni. Lui ogni volta spiegava rispettosamente, pazientemente e umilmente, che non può dire “benedico” per quello, a che non sente l’accordo nel proprio animo, e se i suoi superiori siano convinti che bisogna fare come pensino, lui accetterà senza mormorio la loro decisione, perché loro rispondono davanti a Dio per lui e per i fratelli. Ma lui personalmente pensa, che in questo caso la decisione sia stata presa sotto l’influenza delle passioni, ed allora in questo caso lui non può dare la sua benedizione.
Si potrebbe scrivere ancora molto, prima di tutto come la gente si trasfigurava, risuscitava con l’animo durante l’incontro con il p. Ioànn, come le persone trovavano la fede e la salvezza. Ma queste storie riguardano le persone ancora in vita, e allora senza il loro permesso non lo posso raccontare.
Per chiudere, vorrei dire una cosa: ringrazio Dio perché Lui per la Sua immensa misericordia abbia permesso a me peccatore di incontrare lungo il cammino della mia vita un vero cristiano e di parlare con lui. Penso che non abbia avuto né nella mia vita passata né avrò in quella futura niente di simile per la grandezza dell’evento.
L’Archimandrita Tìhon (Shevkunòv), 11 aprile 2005.
* - Giovanni
* - per la tradizione i cognomi dei monaci vengono messi fra le parentesi
L’Archimandrita Ioànn (Krestiànkin):
· …Lo sviluppo del peccato e il degrado della vita avvengono molto lentamente; tutto comincia dall’offuscamento della mente (per averla chiara, è necessario ogni giorno leggere il Vangelo e vedere ed apprendere la vita sotto la luce delle verità evangeliche), poi diminuisce la volontà, ed ecco che comincia a scivolare un masso nevoso del peccato, si ingrandisce sempre di più finché non ti schiaccia. Dopo la diminuzione della volontà viene subito la distorsione della coscienza quando vediamo tutto nella luce ormai sbagliata, e in seguito riceviamo anche la deflorazione del corpo…
· …Ci sono arrivati i tempi quando le persone possono salvarsi solo patendo i dispiaceri. Perciò ad ogni dispiacere bisogna far un inchino e bacciargli i piedi…
· …Anche le malattie, che appaiono con il permesso di Dio, aiutano a salvare le persone. Loro rallentano la nostra folle corsa lungo la vita, ci costringono a pensare ed a cercare aiuto. Di regola, l’aiuto umano è impotente, si esaurisce presto, ed allora la persona si ricorda di Dio…
· …La strada della salvezza per tutti i tempi è stata una sola ed è stata descritta per noi nei Sacri Vangeli. E con questo non c’è e non ci è mai stato nessun ostacolo per qualsiasi persona di qualsiasi epoca che si vuole o voleva salvare, perché lo Stesso Dio porta i volonterosi per la strada di salvezza. Ci resta solamente di essere sinceri nel seguire Gesù Cristo.
· …Non si può oggi vivere spensierati. Il mondo viene governato da Dio, e non dalle persone. Non possono esistere, nella vita spirituale, gli ordini. Il Signore aveva donato ad ogni uomo la libertà spirituale, e Lui stesso, Lui Stesso mai ed in nessun caso priva qualcuno di tale libertà…
· …I tempi in cui il Signore ci ha chiamati a vivere, sono straballanti – inquietudini, sconvolgimenti e caos fanno oscillare le cose solide, ma non è ancora la fine. Più avanti avremo i tempi ancora più difficili. Non si può vivere spensieratamente. Non dimenticate, figlioli di Dio, il male è impotente, noi siamo eterni e con noi c’è Dio. Dio non abbia le persone dimenticate da Lui, e il Suo sguardo vede tutti. Il mondo viene governato da Dio, solo da Dio e da nessun altro. La cosa più importante, nella vita spirituale, è la fede nel governo di Dio per ogni persona e la capacità di pensare con il consiglio… (degli altri – ndr.
· …Ci è stato dato da Dio il comandamento di amare le persone, i nostri prossimi. Ma se loro ci amino o no, non ce ne dobbiamo preoccupare. Bisogna solamente cercare di essere noi capaci di amare…
· …L’umiltà vincerà qualsiasi lusinga…
· Il fare… non è nella moltitudine delle preghiere, il fare consiste nel vivo rivolgimento al Dio Vivo. Cioè (dev’essere) la fede nel fatto che il Signore sia più vicino a noi di qualsiasi nostro parente, che Lui sente non il sussurro delle nostre labbra, ma sente il battere di preghiera del nostro cuore, ed anche di che cosa esso sia pieno, al momento del nostro rivolgimento a Dio…
· …Nella fede, bisogna opporsi fino alla morte…
· Dove non ci sia Dio, fa da padrone il nemico di Dio. E la “condanna” o i dispiaceri provengono dalle sue zampe. Ma quando una persona dopo una lunga vita sotto l’insegna del nemico si rivolge a Dio, allora anche in quel momento per un periodo si rafforza la vendetta del nemico, e bisogna avere molta pazienza e la fede sincera nel fatto che il nemico sì che sia forte, ma che Dio è onnipotente e non lascerà una persona che si è rivolta a Lui per ricevere l’aiuto. Che Dio La illumini e L’aiuti…
· Cristo è risorto! Andiamo dietro Gesù Cristo lungo il mare in tempesta del peccato e del male di ogni sorta, pieni di una fede imperturbabile e di amore per il Signore, forti della Sua forza che si esprime nell’impotenza umana… Sempre rallegratevi. Sempre pregate. Per tutto ringraziate… Vi auguro di affermarvi con la fede sulla pietra, che è il Gesù Cristo - che aveva patito, è stato crocifisso ed è risorto per noi. Il suo umile predicatore, A. I.
(sono le citazioni dalle lettere e dalle prediche dell’Archimandrita Ioann Krestiankin)