Che cosa ci impedisce di diventare santi
Una lezione del Priore,
il Megarcimandrita Ioakim (Parr),
del Monastero Ortodosso di New York (America)
di Santa Maria di Egitto
(preso e tradotto dal libro
"Le conversazioni sulla Terra Russa")
- Noi monaci dobbiamo dimenticare di che sesso siamo, femminile o maschile. Noi siamo i monaci. Il Signore ci chiama per vivere fuori delle debolezze legate al sesso e unirci con Lui. Quando nei monasteri maschili cominciamo a considerarci prima di tutto maschi, con questo danneggiamo la nostra vita monastica perché nella nostra vita cominciano a prevalere l'aggressività e la sensualità. Anche quando prevalgono i sentimenti femminili, la vita si complica molto.
Dio è la semplicità, l'uomo è un essere complicato. Questo pensiero suona certamente come una concezione filosofica, ma significa che il Dio è esclusivamente Quello, Chè è Lui (il nome di Dio che ha detto Dio Stesso a Mosè - nota del Trad.), e non ha nessuna complicazione, come una linea retta in geometria non ha nessun deviamento. Questa caratteristica, la chiamiamo "la semplicità". Quando c'entra una complicazione, nel mondo, le cose diventano aggrovigliate.
Per esempio, qualcuno vi fa una domanda e voi gli rispondete per un'ora, allora il tema del vostro discorso diventa complicato. Ma se la vostra risposta sarà "sì" o "no", il discorso diventa chiaro e semplice.
Diciamo, abbiamo le tavole delle stesse dimensioni, delle stesse larghezza, lunghezza e dello stesso spessore. Semplicemente le tavole. Si può prendere mila di queste tavole e metterle insieme, loro formeranno una costruzione ideale perchè sono semplici. Se prendiamo le tavole diverse tra di loro, di vari dimensioni, spessore, lavorate e non, rette e non e cercheremo di metterle insieme, l'oggetto ottenuto non sarà composto perchè queste tavole non potranno formare un monolito. Altrettanto funziona anche un monastero. Più assomigliamo a Dio - e più siamo capaci di formare un unico organismo. Più complicati diventiamo, più ci occupiamo di noi stessi, e meno presentiamo un unico organismo. Chi siamo - le tavole semplici che Dio unisce in un'unica costruzione, oppure siamo un insieme delle tavole storte che non è possibile mettere insieme?
Per la Grazia Divina abbiamo una grande possibilità di diventare santi. Però c'è una sola strada per la santità: morire. L'Apostolo Paolo dice: "Sono stato crocifisso con Cristo, e non son più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Galati 2, 20) - ed appena ciò diventa la realtà, nella vita di una determinata persona, qualsiasi persona ci potrà stare insieme con essa ed essa potrà stare insieme a qualsiasi persona. Il Santo Vescovo Ignatij Briancianinov nel suo libro "Il dono al monachesimo moderno" dice che uno dei più grandi miracoli della vita monastica consiste non nel fatto che io posso convivere con qualcuno, ma che gli altri riescono a convivere con me.
Se avessimo possibilità di clonare noi stessi sotto tutti gli aspetti, fisiche, spirituali, sociali, con tutte le nostre virtù ed i difetti, e poi metterci davanti questa copia perfetta di noi stessi, avremmo scoperto, che questo clon ci irrita fino al punto di voler ucciderlo. E proprio questo, lo facciamo con le altre persone senza accorgercene.
La causa di questo stato e del fatto che non ci accorgiamo di questo, si trova nel fatto che il centro della nostra vita siamo sempre noi stessi, e non Gesù Cristo. Se fosse Gesù Cristo il centro della nostra vita, avremmo potuto amare qualsiasi persona senza irritarci mai. Ma noi ci irritiamo, ci preoccupiamo, perdiamo la pace solo perché prima di tutto amiamo noi stessi.
Se parlare di me, la mia vita interna si trova nello stato di assoluto disordine. Io ho detto alla Priore del vostro monastero che mi vergogno di come sono stato accolto nel vostro monastero - vorrei nascondermi e fuggire, perchè mi rendo conto chi fossi in realtà. E se tu cerchi di capire chi fossi, e Dio ti benedice con questa consapevolezza, tu capisci che non hai niente, per meritare amore, oltre al fatto che Dio ci ha amati per Primo. Dio ci ama non perchè possiamo o non possiamo fare qualcosa, Dio ci ama solo perchè Lui ci ha creati. E qualsiasi cosa faremo, Lui non smetterà di amarci.
E proprio questo dobbiamo imparare a fare anche noi. Ma il problema è che noi amiamo noi stessi. Voi direte: "No, non mi amo!" Quando lo sento da uno dei miei monaci, gli dico: "Mettiti seduto, ti faccio la foto e la dò ai pittori che facciano un'icona: abbiamo un santo che vive tra noi!"
Vi insegnerò tre cose.
La prima - l'ubbidienza è la vita. La seconda - è meglio essere ubbidiente che avere ragione. La terza - se non morirai prima della morte, morirai quando morirai... (v. Ap. Paolo)
Tutto che ci serve per diventare santi, l'abbiamo appieno in questo monastero. Non c'è bisogno andare a cercarlo altrove. Basta cominciare la lotta contro noi stessi, contro le passioni.
Noi tutti siamo dei bambini cattivi del nostro Padre...
Nella vostra città viveva un grande santo (S. Ioann di Kronshtadt - nota del Trad.). Non so per quando sia vero, ma un vecchio vescovo, l'Arcivescovo Averkij (Tauscev) (1906-1976) mi ha raccontato che si interessava molto di psicologia, ed una volta uno studente gli ha detto che il Santo Ioann di Kronshtadt leggeva Sigmund Freud, e che lo studente era molto curioso di sapere l'opinione dell'Arcivescovo Averkij. Lo studente ha domandato:
- Lei ha sentito di Sigmund Freud?
- Certamente,- ha risposto l'Arcivescovo.
- E lei crede nell'esistenza delle malattie psichiche?
L'Arcivescovo ha risposto:
- Certamente, perchè lo vedo ogni giorno. Ognuno chi è amato da Dio e chi, nonostante questo, è pronto a peccare di propria volontà ed a non amare in risposta, è veramente un malato di mente.
Potete immaginare, chi siamo?
La vita monastica esiste allo scopo di aiutarci di morire per noi stessi. Pensate, quanto tempo e quante forze abbiamo perso invano pensando di cosa fanno e cosa dicono le altre persone, invece di pensare di cosa facciamo e cosa diciamo noi stessi? Il modello per il nostro comportamento ci è stato dato da Cristo: Lui era venuto sulla terra non per essere servito, ma per servire, Lui era venuto per amare. Noi dobbiamo imparare da Lui a farlo. Se tu non ami tutti, vuol dire tu ami solo te stesso, perchè l'amore non fa differenza. Altrimenti non si tratta dell'amore, ma della compiacenza.
L'unica libertà reale per noi come le creature di Dio è l'ubbidienza. Perchè Dio ci ha creati e Lui sa quale per noi è la cosa migliore. Se siamo ubbidienti a Lui, facciamo quello per cui siamo stati creati.
Per esempio, abbiamo un'automobile e al posto della benzina ci mettiamo lo sciroppo. In queste condizioni persino l'auto migliore non funzionerà perchè è stata creata non per questo combustibile.
Se noi facciamo l'ubbidienza a noi stessi e non a Dio, non entreremo nel Paradiso, perchè siamo stati creati esclusivamente per amare Dio ed il prossimo.
Noi, dell'amore, non sappiamo niente. Guardate voi stessi! Nessuno di noi può amare tutti se non crediamo in Dio. E' importante sapere in che cosa credi. Ognuno di noi vive per sè stesso persino dentro un monastero, e per questo la nostra presenza in un monastero perde ogni senso.
Parlando con le monache le dico sempre: le emozioni forti che fanno parte della natura femminile, sono sia la benedizione sia la maledizione per le monache. Ma non le emozioni fanno il problema, il problema è fidarsi di loro.
A causa delle emozioni le donne vivono come se dentro un vortice. Quando visito un monastero femminile, invece di provare una gioia costante della presenza di Dio, mi trovo sempre in un campo di emozioni.
Il segno dell'amore spirituale è la gioia. Questo non significa che dobbiamo correre, ridere e gridare. Questo significa sapere lo scopo della nostra presenza qui e di essere grati a Dio perchè ci dà tutto che ci serve.
Quando vi alzate di mattina, dovete ringraziare Dio per un giorno in più in cui possiamo pentirci. Invece il primo pensiero quando ci svegliamo è: "Di nuovo devo andare in chiesa, di nuovo devo andare a lavorare, dove ho messo le mie pillole?".
Cosa c'è che non va, in noi? - siamo innamorati di noi stessi, siamo egocentrici.
Penso, tutte voi leggete la Sacre Scritture, ma se per qualche ragione non lo possiamo fare, le sentiamo leggere in chiesa. Il Signore Gesù Cristo ci dice: "...in quanto l'avete fatto ad uno di questi Miei minimi fratelli, l'avete fatto a Me" (Matteo 25, 40).
Cosa sarebbe successo se avessimo visto Gesù Cristo di Persona, nel nostro tempio, quando ci saremmo entrati, come al solito, irritati e cattivi, cosa ci avrebbe detto? Cosa sta succedendo a noi? Rispondo ripetendo: siamo innamorati di noi stessi.
Parliamo dell'esperienza della preghiera, ma precisamente, dell'assenza di questa esperienza.
Voi sapete cosa sia una pioggia di meteoriti. Quando un meteorite entra nell'atmosfera, all'istante viene circondato da una fiamma e esplode in piccoli frammenti che piovono come una doccia. Nelle vostre teste quando pregate succede qualcosa di simile - piovono mille pensieri che non hanno a che fare con Dio. Questo succede per il motivo che amiamo noi stessi, e non Dio... Noi preferiamo a Lui qualsiasi cosa.
Quello che dice Dio è semplicissimo, ma noi complichiamo tutto all'inverosimile. Lui ci dice: "Avendo gli occhi non vedete? avendo gli orecchie non sentite?" (Marco 8, 18)
Questo succede perchè noi vogliamo che sia fatta la nostra volontà, sempre e comunque, noi facciamo solo quello che ci fa piacere, e facendoci i piaceri diventiamo o gli schiavi dei nostri piaceri, oppure ci irritiamo se non le riceviamo appieno.
Io prego perchè Dio non vi dia mai niente di quello che Gli chiedete, ma che dia solo quello di cui avete bisogno, perchè voi, come me, non siete ragionevoli e non sapete di che cosa avete bisogno, ma sapete solo quello che volete per viziarvi.
Sono venuto come un esperto in un'unica cosa: come peccare. Lo faccio sempre. Ecco tutto che so. Però ho lottato per sapere cosa sia, la vita monastica. Il Signore è stato misericordioso con me, perciò vorrei condividere con voi l'esperienza di questa lotta per avvertirvi delle trappole, la più grande delle quali è il nostro "io". Non esiste, sulla terra, nessuna persona che vi può danneggiare più di voi stessi.
Ed ora spiegatemi per quale ragione vi fidate di voi? Noi dobbiamo fidarci di Dio, dell'altra persona, ma mai - di noi stessi!
...Care sorelle, voi capite cosa sia il pentimento? Quando diamo i voti, ci dicono che il monastero è il luogo del pentimento. Cosa significa? Se non lo sapete, vuol dire non lo fate! Il Signore ci esorta: "Pentitevi, poichè il regno dè cieli è vicino" (Matteo 3, 2). Voi vi pentite? Che cosa vuol dire, pentirsi? Come possiamo pentirci se non sappiamo cosa sia?
Il pentimento non vuol dire vivere piagnucolando, nella tristezza e nei guai, il pentimento non è una tortura che facciamo a noi stessi ed agli altri.
Il pentimento è il cambiamento radicale della direzione della propria vita. Se andavi verso il Nord ed ora stai andando all'Ovest, questo non è un cambiamento radicale. Radicale vuol dire cominciare ad andare a Sud.
Allora che direzione abbia la vostra vita? Non mi dite che direzione deve avere, ma che abbia ora. Vi posso dire della mia vita - ha la direzione verso me stesso mentre deve andare verso Dio.
Il Signore ci dice: per vivere dovete morire, per trovare la vita dovete perderla. Se volete andare dietro di Me, dovete prendere la croce, rinnegare voi stessi e andare dietro di Me (v. Matteo 16, 24). Il Signore ci dice che l'unica strada da seguire Lui è morire per sè stessi e vivere in Lui. Questo è il radicale cambiamento della direzione della nostra vita. Il Signore pensa di noi, ci prende cura e ci ama sempre. Sempre, ogni momento, altrimenti non saremmo sopravissuti.
Ma voi... se tutto va bene, allora in ventiquattro ore voi pensate di Dio dieci minuti, il resto del tempo penserete solo di voi stesse.
Se Dio avrebbe pensato di noi solo dieci minuti in ventiquattro ore, saremmo morti. Se sposandoci avremmo lavorato per la nostra famiglia dieci minuti ogni giorno, saremmo morti di fame. Se entrando in una università avremmo studiato dieci minuti al giorno, non avremmo mai finito gli studi.
Se vogliamo entrare in paradiso e stare con Dio, ma Gli dedichiamo solo dieci minuti al giorno, ed il resto del tempo dedichiamo a noi stessi, non troveremo mai Dio.
...Care sorelle, la vostra vita spirituale è un caos totale e metterlo in ordine può solo Dio. Ma voi dovete permetterGli di farlo, e non lottare con Lui. Se volete essere le prime, dovete essere le ultime.
Io sempre trovo strano e triste il fatto quando i sacerdoti si trovano insieme per celebrare la liturgia e si domandano: "Quando sei diventato il sacerdote? Quanti regali hai? Che posto devo prendere e dietro chi?" Questa è una follia! Nessuno ha alcun diritto trovarsi nell'Altare! Ma noi nell'Altare vogliamo sapere chi sia il primo. Siamo dei folli. Noi entriamo nella casa di Dio Vivente dove il Signore Si apre in tutta la pienezza, dove Dio sta con noi, e il nostro primo pensiero è: "Ho freddo! Ho caldo! Sono stanco, ho mal di schiena, e del piede; questo è cattivo, quello è buono..." Ma persino dopo questo atteggiamento verso il Sacro, i Misteri s'avverano - Dio ci ama nonostante tutto. E' sorprendente!
- Padre, da che cosa cominciare per smettere di amare sè stessi?
- Prima di tutto bisogna capire che l'amore proprio è la corruzione. E' la paura, la presunzione che vi divoreranno vivi e vi renderanno orribili. Le persone che amano sè stesse non possono convivere con nessuno. Vi è capitato di vedere una persona che dopo aver visto l'altra mettere qualcosa sul tavolo, abbia detto: "No, questo bisogna metterlo lì e non qui"? Perchè siamo così folli?
Una volta sono stato in un monastero femminile... a proposito, non critico le monache, i monaci fanno le stesse cose. Ma quella storia è successa in un monastero femminile. Allora facevo le cure, la temperatura corporea ora saliva ora scendeva, come anche la pressione, perciò in chiesa ero costretto a stare seduto vicino ad una finestrina aperta, altrimenti mi soffocavo. Vicino alla finestrina c'era un tavolino con la lampada. Ad un certo punto si è avvicinata una monaca, ha acceso la lampada dicendo: "Padre, Le faccio la luce che stia meglio". Ho detto: "Grazie". Dopo cinque minuti si è avvicinata un'altra monaca: "Caro padre, forse, la luce La disturba" - ed ha spento la lampada. Poi poco dopo arriva la terza, accende la luce dicendo: "Padre, perchè stia qui al buio?" E tutto questo stava succedendo durante la funzione. Io ho domandato la Priore: "Come mai le sorelle sono così ansiose? Stavo pregando, ma loro pensano di questa stupida luce, se io stia male o bene al buio o con la luce".
E' come se fosse venuto il Signore in questa stanza e qualcuno di voi Gli avesse detto: "Aspetta, Signore, permettimi di aggiustarTi i cappelli". Siamo folli, no? Ma lo facciamo ogni secondo.
- Le sorelle volevano semplicemente farLe piacere...
- No, le sorelle volevano fare piacere a loro stesse. In questo preciso caso era importante non fare il bene, ma ricevere da me una reazione. Di che cosa, essendo un monaco, ho bisogno? Di preghiera. Non ho bisogno del cibo, ho bisogno delle vostre preghiere, ho bisogno vedere la vostra fede, ho bisogno che voi mi mostrate come bisogna amare Dio. Tutto il resto, lo posso fare da me. Non voglio dire che sono ingrato per l'attenzione, ma non mi serve, e voi non ci dovete pensare.
- Padre, vorrei fare una domanda sull'ordine esterno. In un libro sugli Starez del Monte di Athos è scritto che uno starez ci teneva molto all'ordine prestabilito e avvertiva i novelli di non cambiare niente: "Due volte avvertirò, dopo la terza ti manderò via!". Nei monasteri di lunga tradizione ci sono le cose che non cambiano da secoli. E lì infatti ci tengono, a loro. Per esempio, in uno dei monasteri le sorelle mostrano una pentola che aveva servito le monache per decenni. Ma nei monasteri, come il nostro, che è stato fondato da poco, questo più volte si presenta ridicolo. Per esempio, qualcuno dice: "E' gia' da un mese e mezzo abbiamo questo, è la tradizione del nostro monastero". Qualcuno lascia il lavoro, viene un'altro per fare questo lavoro, e gli dicono: "E' da tre giorni che e' la tradizione del nostro monastero". Ma e' peggio ancora quando arrivano le persone nuove e distruggono anche questo piccolo ordine. Possiamo dire che persino in queste piccole cose esterne dobbiamo essere ubbidienti, altrimenti ci saranno anarchia e caos?
- Il problema non è quello che cosa facciamo, ma perchè. Se in un monastero si è formata una tradizione nel fare le cose, indifferente quali, importante è capire perchè non vogliamo rispettare la tradizione. Venti anni o trenta, ci sta quella pentola, non è importante; importante è fare quello a cui sei stato assegnato, per l'ubbidienza. La struttura di ogni monastero esiste per educare la nostra ubbidienza. L'ubbidienza è superiore a qualsiasi lavoro. Abbiamo una legge. La legge ci è stata data da Dio. La nostra Chiesa ci ha dato le leggi. E tutte queste leggi sono state date per rafforzare i legami tra uomo e Dio. La legge non è superiore ai nostri rapporti con Dio, i rapporti sono superiori alla legge.
Vi darò un esempio semplice e ovvio. La Chiesa dice che ogni ortodosso deve rispettare i digiuni, le magre. C'è però una eccezione: chi non pecca, non ha bisogno di digiunare. Perchè facciamo i digiuni? Perchè siamo dei peccatori. Noi digiuniamo per vincere il peccato e per imparare ad amare Dio. Noi non facciamo i digiuni per fare i digiuni. Noi facciamo i digiuni per liberarci dalle passioni.
Se non avete niente in contrario, vi racconterò ancora un poco del nostro monastero. Noi siamo la riunione dei peccatori. Noi sappiamo peccare meglio di qualsiasi altra cosa. Ma noi stiamo cercando di aggiustarci. Io dico di continuo ai monaci: "Siete venuti al monastero per trovare ed imparare ad amare Dio. L'ubbidienza è la strada per raggiungere questo scopo. La preghiera è il lavoro più importante di tutti che può fare un monaco. Siete venuti al monastero non per lavorare. Lavorare, lo si può fare anche altrove. Voi siete venuti al monastero non per insegnare. Voi siete venuti per studiare.
Alcuni monaci hanno difficoltà a capirlo. Gli dico: "Se la cena si sta bruciando, che si bruci del tutto, ma nessuno avrà il permesso di assentarsi ai Vespri!" Se mi rispondono: "Ma il cibo si brucerà!", io rispondo: "E' meglio se si brucerà il cibo che ti brucerai tu. Noi mangeremo la cena bruciata, ma noi pregheremo".
Io rimango scioccato quando visito i monasteri e vedo che i monaci non vengono in chiesa per la funzione perchè preparano il pranzo per i pellegrini.
Guardate voi stesse - non avete bisogno di mangiare! Nessuna di voi morirà di fame! State in chiesa e pregate, date da mangiare prima di tutto alla vostra anima, non preoccupatevi del vostro corpo, il corpo morirà in ogni caso. Alcuni di noi sono più vicino alla fine, ma le nostre anime sono affamate come prima. Sono affamate di Dio, ma noi non le diamo da mangiare facendo ingrassare invece i nostri corpi.
Io dico ai miei monaci: "Se dovete andare da qualche parte, andateci, ma dovete essere in chiesa per la funzione in ogni caso. Se l'ora di tornare al monastero vi coglierà a metà del lavoro, lasciate il lavoro e tornate. Altrimenti a che scopo siamo qui se non preghiamo?".
...Se mettiamo Dio superiore a tutto, e dietro Lui i nostri fratelli e le nostre sorelle, noi avremo la pace interiore indisturbata. Niente e nessuno la potrà far vacillare. Non avremo mai nessuna preoccupazione. Nessuno ci farà irritare. Solo noi lo potremo fare!
Vorrei raccontarvi una storia di un rabbino. C'era un monastero maschile molto grande e molto ricco. Una volta c' erano tanti monaci, ma poi piano piano i fratelli si invecchiavano e si ammalavano, perciò molti di loro hanno cominciato a portare in chiesa con loro gli sgabelli ed i cuscini dove stare durante le funzioni. Uno aveva bisogno di un tappeto sotto i piedi, l'altro doveva mettersi sulle spalle una scialle, ed ecco che sciocchezze venivano fuori: "Devo stare comodo durante la funzione". Così anche pregavano, senza l'amore e senza l'ardore. Si preoccupavano piuttosto della loro posizione nel monastero che del fatto che si presentavano sotto gli occhi di Dio. Perciò piano piano il monastero ha cominciato a deteriorare, i vecchi monaci morivano, i nuovi non venivano. Quelli rimasti vedevano il degrado ed erano nella malinconia.
Una mattina alle porte del monastero ha bussato un Rabbino che ha detto al portinaio:
- Vorrei parlare con il Priore.
- Aspetta qui, - ha detto il monaco ed è andato dal Priore.
- Cosa vuole, non conosco nessun rabbino - si era stupito il Priore.
- Non so cosa vuole.
- Vacci a domandare.
Il monaco è tornato al portone ed ha domandato il Rabbino dello scopo della sua visita. Allora il Rabbino ha risposto:
- Sono ormai vecchio e mi rimane poco da vivere. Non ho dove vivere, voi invece avete molto spazio. Ho visto che nel bosco si trova una cella (piccola casetta) che appartiene al vostro monastero. Se mi permettete, ci vivrò io e pregherò, finchè arriverà la mia morte.
Il Priore ha pensato che questa casetta abbandonata non serve al monastero ed ha permesso al Rabbino di viverci.
Tutto l'autunno il Rabbino ha passato nella sua casa nuova a pregare. E' arrivato l'inverno, poi la primavera, ed il Priore ha mandato i monaci nel bosco per tagliare la legna. Tornando i monaci hanno raccontato con lo stupore al Priore che il Rabbino prega ogni giorno nella sua casetta.
Il Priore si è incuriosito e ci è andato di persona. Quando lui si è avvicinato alla casetta, il Rabbino è saltato fuori, l'ha abbracciato e ha detto:
- Vi sono molto grato. Ho pregato tutto questo tempo, e Dio mi ha detto che nel vostro monastero si trova Messia.
Il Priore l'ha domandato meravigliato:
- CHI si trova da noi???
E il Rabbino ha ripetuto:
- Tra voi si trova MESSIA!!!
Il Priore l'ho guardato ed ha deciso che il Rabbino semplicemente era diventato matto. Tornato al monastero, ha raccontato ai monaci incuriositi anche loro del Rabbino:
- Lui ha detto che tra noi si trova Messia.
Tutti hanno cominciato a scherzare e ridere. Ma nella stessa notte il Priore non riusciva a prendere il sonno e pensava: "Forse, è quello, o questo, oppure lui, ma forse, lo sono io?" La mattina successiva quando è venuto nel tempio, osservava i monaci e pensava: "Forse, quello è Messia, oppure l'altro?" Altrettanto i monaci, incontrando i fratelli, si domandavano: "Ma forse questo è Messia, come mi devo comportare, con lui?" E piano piano ogni monaco ha cominciato a comportarsi con ogni suo fratello come se quello fosse Messia. Tutti hanno cominciato a pregare di più, a cantare con la gioia, hanno cominciato a trattare l'un l'altro con amore, pazienza e tenerezza. Da fuori hanno cominciato ad arrivare in quel monastero altri monaci, ed il monastero ha cominciato a crescere.
Però, col passare degli anni, i monaci hanno cominciato a dimenticare, per che cosa si erano radunati, nel monastero, e quest'ultimo di nuovo ha cominciato a degradare fino alla sua chiusura.
Io vi domando, sorelle: forse Messia si trova tra di voi? E se Lui si trova tra di voi, come vi comportate, con Lui? Il Signore ha detto: "Chi ha veduto Me, ha veduto il Padre" (Giov. 14, 9). Ha detto anche: "...in quanto l'avete fatto ad uno di questi Miei minimi fratelli, l'avete fatto a Me" (Matteo 25, 40).
Credete: tra voi vive il Salvatore, Lui è nella vostra sorella, ma voi non vi siete comportate in modo adeguato, come bisogno comportarsi con Messia. E quando verremo al Giudizio Universale, il Signore ci dirà:
- Vacci, non ti conosco. Avevo fame, e non Mi hai dato da mangiare; ero triste, e non Mi hai rasserenato; quando tremavo dal freddo, non Mi hai scaldato.
E voi risponderete:
- Signore, ma quando mi sono comportata così, con Te?
E Lui nominerà ognuna delle sorelle e domanderà:
- Ricordi? Ricordi?..
Sorelle, ancora una volta vi faccio la domanda: credete a Dio, oppure pensate che Lui sia un imbroglione? Se non facciamo quello che ha detto Lui, siamo o stupidi, oppure davvero crediamo che Lui sia un imbroglione.
Perchè questo monastero non è santo? Questo monastero non è santo perchè voi vi amate più che Dio. E se mi direte a questo non è vero, vi dirò: "Mostratemi almeno una sorella che amate più di voi!" E voi risponderete: "Ma io non posso amare tutti in modo uguale!" Ma proprio questo significa che voi amate prima di tutto e più di tutti voi stesse. Ma se vi amate voi stesse, non amate Dio. Allora, in questo caso, cosa ci fate, in questo posto?
Come si dice da noi in America, una persona può essere una parte della risoluzione del problema, oppure una parte del problema stesso. Allora, chi siamo? O noi ci mettiamo del nostro per far diventare questo monastero un luogo sacro, oppure state uccidendo voi stesse e le sorelle attorno a voi.
... La saggezza dei Padri Santi non consiste nella imitazione dei loro atti, per noi. La Vita di S. Antonio il Grande non è stata scritta perchè noi, dopo averla letta, dobbiamo correre nel deserto. Questo, non farà dei noi i santi. Quando leggiamo queste pagine, dobbiamo capire con il cuore le cause dell'amore di S. Antonio per Dio. Dobbiamo non imitare gli atti simili agli atti di S. Antonio, ma amare altrettanto forte, come amava lui, per poter fare poi tutto che bisogna fare per quest'amore. Lui si lasciava cadere dentro il cespuglio pungente non perchè lo voleva Dio da lui, ma perchè lui cercava di liberarsi da tutto che lo separava da Dio.
Immaginate la piazza piena di persone affamate che hanno un solo pezzo di pane, uno in tutto il pianeta. Come si azzufferanno, per questo pane! E proprio questo facevano i santi: loro rinnegavano assolutamente tutto che li separava da Gesù Cristo. Noi, non lo facciamo, perchè amiamo noi stessi e ci preoccupiamo solo di noi stessi.
Una volta avevo l'abitudine di applicare sulle pareti della mia cella i foglietti con le scritte, finchè i monaci che venivano da me per la confessione, non hanno cominciato a distrarsi leggendole, invece di pensare dei peccati. Allora, sulla porta avevo una scritta: "Tutto è per Te, Signore. Niente è per me". E quando uscivo dalla mia cella, tutto che facevo ero in nome di Dio, e non nel mio, perciò in ognuno vedevo Dio, e non me.
Nessuno di noi entrerà in Paradiso se non cambierà. Non vi è nessun dubbio che Dio ci ama molto di più di quello che potremo mai capire. Ma il problema è se noi amiamo qualcuno più di noi stessi.
Ed ora, dopo che ho dipinto il quadro molto negativo di cosa siamo in realtà, posso domandarvi: cosa dobbiamo fare?
La risposta è semplice: amate il prossimo. Non sopportatelo, non sfuggitelo, non deridetelo, ma amatelo: prendete cura dei bisogni delle persone che stanno attorno a voi, cercate di aiutarli a salvarsi, pregate per loro. Fate di tutto perchè il prossimo stia bene, augurategli la salvezza nell'Eternità, pregate per lui!
... l'Amore non è un sentimento. L'Amore è la fede, fiducia.
Noi diciamo: "Io sento che Dio sia vicino a me". E' una dichiarazione terribilmente miope! Dio per niente è vicino, Dio è totalmente dentro noi! Il fatto è che non ce ne rendiamo conto, ma Lui è proprio lì, nonostante le nostre incapacità di capirlo. Lui è lì, invece voi non siete dov'è Lui.
Nessuno può essere costretto ad amare. Fare il bene al prossimo senza amore, non è l'Amore. Ognuno sa, ed anch'io l'avevo sperimentato, quando qualcuno ci fa qualcosa sinceramente, per amore, oppure con l'indulgenza, oppure semplicemente sopportandoci. E quando qualcuno ci ama davvero, voi lo sapete. E' inspiegabile, è come un legame istantaneo che si crea tra voi. Questa, è una cosa autentica.
Quando incontrate qualcuno che abbia la pace nel cuore, non sapete ancora cos'abbia, ma volete parteciparvi. Voi vedete l'integrità di questa persona.
I fratelli mi dicono: "Padre, perchè lei è così clemente? Cacciamo via dal monastero quel fratello". Io rispondo: "Per la stessa ragione perchè non caccio via anche voi - non sono stato io, a portarlo qui, Dio ha portato qui questa persona, e lo Stesso Dio, se sarà necessario, la caccerà via".
E' la follia... Esigono da me perchè cambi il comportamento di una persona. Ma loro stessi non vogliono alzare questa persona con il loro amore fino allo stato di integrità. Loro mi chiedono di avere sotto controllo quello che li irrita, in questa persona. Questo, non è l'Amore.
Megarcimandrita Ioakimm (Parr) a Tredwell
Allora, ecco la nostra lotta di ogni giorno: tutto sia per Dio, niente per noi. Ogni persona del monastero, indipendentemente dal lavoro che fa, deve partecipare alle funzioni di chiesa.
Mi dicono:
- Appena ho versato il cemento, si congelerà.
Io rispondo:
- Vai a pregare, e che si congeli. E' più facile fare un'altro cemento che imparare a pregare.
Uno dei fratelli mi ha detto:
- Padre, con queste funzioni non è possibile finire nessun lavoro! Non abbiamo mai il tempo per lavorare bene!
Gli rispondo:
- L'unica causa perchè sei venuto qui, è il lavoro sul proprio animo. Perchè sprechi le tue energie per queste stupidagine?
Sono convinto che i monasteri si trovano in gran pericolo quando i monaci non vogliono, non amano e non cercano di pregare. Potete inventare una cosa più importante che la preghiera? Cosa vi sta succedendo?..
Vi racconterò un'altra storia. Sono doventato monaco sul Sacro Monte di Athos, nell'eremitagio Ilinskij (del Profeta Ilia - nota del trad.). Poco lontano da quel posto c'è il luogo degli eremiti, si chiama Kapsala. Ci saranno circa quaranta celle nel bosco, in ogni cella vivono quattro - cinque monaci. Una volta celebravo i Vespri della Festa dell'Esaltazione della Croce del Signore. E quando sono uscito dall'Altare, ho visto un vecchio monaco vestito molto semplicemente, ma accuratamente. Tutti del tempio gli si avvicinavano per prendere la benedizione. Ho pensato che fosse un sacerdote. Durante il canone lui è entrato nell'Altare ed ha domandato di confessare. Ho acconsentito, e durante la Confessione ho saputo che lui è un vescovo... Il giorno successivo dopo la Liturgia abbiamo parlato e gli ho domandato di raccontare di lui. Lui ha risposto:
- Ho la vita come di tutti gli altri. Sono un peccatore, continuo a peccare e cerco di fermarmi.
Allora ho domandato:
- Com'è successo che Lei essendo un vescovo, è finito all'Athos?
Lui ha raccontato la sua storia:
- Ho studiato nell'Università di Atene alla Facoltà di Teologia ed ero il miglior studente in tutto il corso. Durante le ultime cerimonie il Patriarca di Alessandria che ci aveva partecipato, ha detto all'Arcivescovo greco: "Vorrei che questo giovane sacerdote insegni nel mio seminario. La Chiesa di Alessandria sta morendo, abbiamo bisogno della gente istruita per aiutare la Chiesa". Loro si sono accordati, e sono andato ad Alessandria per tre anni. Ma al posto dei tre, ci sono stato dieci anni e sono diventato un vescovo. Sono passati altri anni ed una sera piovosa d'inverno, dopo che avevo finito la lezione all'Università di Aristotele, mentre tornavo a casa sono stato coinvolto in un incidente stradale. La caretta di Pronto Soccorso mi ha portato nel reparto di rianimazione. Quando mi sono rinvenuto, i dottori mi hanno detto: "Lei ha subito un grave trauma, dobbiamo controllare se il suo cervello non abbia subito i danni". A questo punto ho domandato di chiamare un sacerdote, e loro hanno trovato, tra i pazienti, un vecchio monaco del Monte Athos. Lui era vecchio, di bassa statura e sporco. Io ho cominciato a confessare, ma lui mi ha interrotto ed ha detto che dovevo smettere di essere una persona sfarzosa, andare sul Monte Athos e diventare un vero monaco. Avrei dovuto, secondo lui, smettere di andare in giro per tutto il mondo e fare finta di essere una persona molto importante. Mi sono molto arrabbiato e l'avevo cacciato via dalla stanza. Ma questa storia è rimasta nella mia memoria per lungo tempo. Da un canto, mi sono arrabbiato fino a punto che ho sentito il mal di cuore, dall'altro canto capivo che quello che ha detto il vecchio monaco era la verità che non volevo ascoltare.
Dopo un pò sono stato dimesso e si è interessato di me il Patriarca Ecumenico. Lui mi ha invitato per partecipare ad un evento. Dovevo fare un discorso. Ma appeno l'avevo cominciato, ho avuto il mal di cuore. Sono caduto, ho travolto il tavolo e di nuovo sono finito in rianimazione. All'ospedale periodicamente perdevo i sensi, ed i dottori hanno dovuto lavorare tanto. Essendo tra la vita e la morte, no fatto una preghiera: "Madre di Dio, se mi salverai ora, Ti prometto che andrò sul Monte Athos e tutta la vita che mi rimane la consacrerò al pentimento". La Madre di Dio mi ha salvato, ma io non sono andato sul Monte Athos.
Sono andato dal Patriarca e ho detto:
- Vladyka, ho promesso alla Madre di Dio di andare sul Monte Athos, mi lasci andare.
Il Patriarca mi ha risposto:
- Ma non eri in te, ci si può promettere di tutto, in quel stato! Sei vivo, non ti preoccupare.
Ho cominciato a pregare il Patriarca, ma lui ha risposto:
- Devi essere ubbidiente alla Chiesa. La Chiesa ti ha fatto un Vescovo, ubbidisci e lavora!
Ogni anno portavo al Patriarca le mie richieste, ma lui non mi lasciava andare. Ma ecco una volta, quando credo l'avevo infastidito abbastanza, lui ha detto:
- Ti dò tre anni, lavora, e poi andrai all'Athos.
Dopo tre anni ci sono andato. Non sapevo niente, del monachesimo. Ero un vescovo grasso con le morbide e tenere mani. Portavo un paio di belle morbide scarpe italiane con la suola molto sottile, e la tonaca di seta. E vestito così sono arrivato sul Monte Athos. A Dafni i monaci mi hanno domandato:
- Vladyka, chi vuole vedere?
Gli ho risposto:
- Sto cercando un monaco, - e gli ho decritto il piccolo sporco monaco che molti anni fa mi aveva confessato.
I monaci mi hanno domandato:
- Come si chiama? Dove abita?
Ma io non sapeva niente, l'ho di nuovo descritto, e loro mi hanno risposto:
- Tutti del Monte Athos hanno questo aspetto.
Mi sono rattristato, perchè volevo trovare il monaco che mi ha indirizzato sul Monte Athos.
Allora uno dei monaci ha detto:
- Se questo starez esiste, allora vivrà nel punto più lontano del Monte, a Karulia. Sale il monte, forse lo troverà lì.
E ci sono andato. Mente salivo, sudavo, le pietre mi pungevano attraverso le suole sottili delle mie scarpe italiane e mi sono stancato fino al punto di credere che morirò strada facendo. Ma i monaci mi dicevano:
- Vacci avanti, lo starez è lì.
E finalmente qualcuno mi ha detto che ero arrivato. Davanti a me c'era una piccola cella con una finestra chiusa con gli scuri. Era circondata dal un muro in pietra, ma la vista che si apriva da quel posto era tale che veniva la voglia di volare.
Vicino alla cella c'era una fila di monaci. Io volevo passare avanti, ma sono stato fermato.
Ero un vescovo e non ero abituato ad aspettare. Mi sono arrabbiato, però ho deciso di rimanere. Ed ecco esce dalla cella il novizio monaco dello Starez e mi dice:
- Ma Lei, cosa vuole?
- Sono venuto a vedere lo Starez.
- Lo Starez si è stancato, oggi ha ricevuto i fratelli per tutto il giorno ed ora è andato a dormire. Oggi non può vederti.
- Ma io ho fatto una strada lunga così, sono salito sulla montagna! Cosa devo fare?
- Vieni domani.
- Non ho posto dove andare.
- Tutti dormono per terra, vacci anche tu e dormi.
Quella notte ho pernottato in strada. Non ho chiuso un occhio per tutta la notte. Arriva l'alba, esce il monaco e dice:
- Lo Starez oggi ha parlerà con nessuno, lui pregherà.
Non riuscivo a credere a ciò che sentivo. Un'altro giorno è andato perso. Avevo fatto una lunga strada, non avevo posto dove andare, ed allora ho deciso di aspettare. Quel giorno, l'ho passato sotto un albero, ho cercato di pregare, ma tutto di che ero capace di pensare era la rabbia che provavo verso lo Starez.
Il giorno successivo il monaco si avvicina a me e mi dice:
- Sei ancora qui? E va bene, sei stato paziente, vieni, lo Starez parlerà con te.
Sono entrato. Lo Starez mi ha visto e mi ha domandato:
- Cosa vuoi?
- Voglio essere un monaco, - gli ho risposto.
- E perchè sei venuto qui se vuoi essere un monaco?
Gli ho raccontato la mia storia, com'era venuto, all'ospedale, il monaco di Athos.
Lo Starez mi ha domandato:
- Quanti anni sono passati?
- Trentadue anni.
- Sei matto? Lui è già morto da un pezzo! Tu stesso hai detto: piccolo, vecchio, trentadue anni fa! Nemmeno tu qui, sopravviverai.
Io lo domando:
- Perchè?
- Perchè non potrai mai eseguire quello che ti dirò. Che cosa facevi prima di venire qui?
- Sono un vescovo.
Lo Starez si è messo le mani tra i capelli:
- Dio mio! Nella vita, solo le donne possono recare più tentazioni! Vai via da qui!
Io mi sono messo a pregarlo:
- Ti prego, aiutami a diventare un monaco!!!
Lui mi dice:
- Ti permetterò di rimanere nella cella solo ad un patto.
- Cercherò di farlo.
- No. Tu devi dire: "Lo farò, Starez". Perchè se dici che cercherai di fare qualcosa, significa che ti sei già arreso.
- Lo farò, Starez.
- Va bene. Allora, ascolta. Non hai permesso di parlare con nessuno - nè con me, nè con quelli che ci vengono da me. Con nessuno! Solo se ti chiederò di dire qualcosa, solo allora potrai parlare.
E mi ha dato l'ubbidienza di fare tutte le cose di casa.
Dallo Starez sempre veniva la gente. Io preparavo il the, lavavo le tazze ed ascoltavo. E sempre volevo dire qualcosa mentre lo Starez parlava con gli ospiti. Veniva, per esempio, un monaco e diceva: "Ecco Gregorio Palamas ha detto...", ma io sapevo di certo che quello ha detto non Gregorio, ma un'altro santo! Gli volevo dire: "Idiota! Questo non Palamas ha detto, questo ha detto un'altro santo..." Dentro di me tutto bolliva dalla rabbia, e questo, durava anni... Ma poi mi sono calmato e non sentivo più niente, io semplicemente lavavo le tazze, pregavo, versavo del the. Una mattina sono venuto dallo Starez per cominciare la giornata di sempre, e lui mi dice:
- Da ora in poi, puoi parlare.
Ho pensato ed ho risposto:
- Non ho niente da dire.
Lo Starez mi fa:
- Fratello mio, quando ci sei venuto, anche allora non avevi niente da dire, ma tu non lo sapevi. Quando tu lasciavi il mondo pensavi che tutto il mondo aveva bisogno di te. Guarda ora, se lui ha bisogno di te. Ma nemmeno prima aveva bisogno di te. L'unica cosa di cui noi abbiamo bisogno, è Dio.
Ecco che storia mi ha raccontato quel vescovo.
Voi avete bisogno di Dio. Non vi serve altro. Nessuno ha bisogno di una vostra parola.
Se ora voi andrete nelle vostre celle ed a posto delle preghiere andate a dormire, siete stupide.
"O Signore, volevo pregare, ma sono così stanca..." Che bella scusa! Dio dirà: "Volevo svegliarti oggi, ma anch'Io ero così stanco..." Noi non lo sentiamo, da Dio.
Io cerco di sera fare le preghiere in piedi, ma per via della malattia sono costretto ad appoggiarmi sul leggio. E, cosa fare, qualche volta mi addormento.
Una volta mi sono svegliato sotto il leggio, mi sono spaventato perchè non riuscivo a capire cosa fosse successo. Poi ho capito che mi ero addormentato, sono caduto ed il leggio è caduto sopra di me. Sentito il rumore nella mia cella, è entrato di corsa un fratello e ha domandato:
- Padre, con lei va tutto bene?
- Non ti preoccupare, - gli ho risposto, - pregavo...
- Eh, - ha sogghignato lui - lo vedo.
Allora, finendo il nostro discorso, vi dico: andate a rovesciare i vostri leggi, ora. E' sempre meglio addormentarsi facendo una preghiera che addormentarsi senza preghiere. Vi auguro buona notte, ma non vi auguro buon sonno.
P. S.
Per le persone che scrivono al nostro Monastero domandando se possono venire a fare i monaci: da noi, no, per vari motivi, uno dei quali è la lingua, ma il p. Ioakim durante le sue lezioni domanda ai presenti se qualcuno ci vuole andare, nel suo Monastero a New York )