La dipendenza (l’alcolismo, la tossicodipendenza etc.) è il più terribile flagello dei nostri tempi. Il problema consiste nel fatto che non vi siano, i rimedi universali. Per giunta, a differenza delle altre malattie, un alcolizzato, per esempio, non si considera tale, e sono pochissimi che acconsentono a curarsi. Di regola lo stesso alcolizzato sta benissimo, patisce invece tutta la sua famiglia. E proprio alla famiglia di un dipendente la pubblicità offre diversi rimedi di “cure” che possano essere aggiunti, all’insaputa dell’interessato, nel suo cibo o nelle bevande. Purtroppo, non succedono miracoli. Questi rimedi aiutano solo all’industria farmacologica, altrimenti alcolizzati e tossicodipendenti sarebbero diminuiti in pochi giorni.
La codificazione, per esempio, aiuta solo nel caso se l’alcolizzato vuole lui stesso guarire, ma anche in questo caso lui può arrendersi in ogni momento. Questo è comprensibile: la persona è malata d’animo, e bisogna curare l’animo, e non il corpo, e a questo punto non gioveranno né le tisane né la codificazione.
Le maschere d’un carnevale orribile.
Tutti noi, nella vita, giochiamo dei ruoli determinati, portiamo delle maschere determinate che qualche volta s’aderiscono talmente bene che diventa difficile capire, dove sia la persona e dove sia la sua maschera. A questo punto la maschera comincia ad influenzare la persona costringendola giocare i giochi che sono distruttivi sia per lei sia per tutti che la circondano. Con questo la cosa più difficile, per tale persona, è togliersi la maschera, rifiutare di giocare il ruolo assunto.
Il famoso psicoterapeuta Erik Bern aveva analizzato uno di tali distruttivi giochi psicologici, che giocano le persone – il gioco “L’Alcolizzato”. In questo gioco giocano seriamente e a lungo, spesso tutta la vita, e rifiutare di giocarlo può essere difficile, qualche volta impossibile.
Il ruolo del Protagonista ha lo stesso Alcolizzato (il suo ruolo conoscono tutti). La sua (il suo) consorte gioca il ruolo di Persecutore, che biasima l’Alcolizzato, “rompe le scatole”, lo educa, lo caccia via di casa (non lo fa entrare). Si capisce, che l’Alcolizzato non prova, per il Persecutore, i sentimenti migliori, ma non può esistere, senza di lui.
Il Dottore che cura l’Alcolizzato, diventa il Soccorritore, che qualche volta “lo cura con successo” da questa cattiva abitudine, ma non per molto tempo.
Quello che dà all’Alcolizzato l’alcool o i soldi in prestito, assume il ruolo di Semplicione. Nonostante tutte le spiegazioni, il Semplicione sa, dove andranno i soldi. Spesso questo ruolo si addossa madre del malato che compatisce figlio (figlia). Le azioni del Semplicione sono sempre una provocazione nascosta (lui provoca l’Alcolizzato a bere).
In questo “gioco” c’è sempre il Provocatore – l’amico/gli amici – che offre l’alcool, spesso gratis. Questa, è una provocazione aperta.
In sostanza, OGNUNO di questi ruoli è una provocazione che spinge l’Alcolizzato a bere ancora di più e che gli impedisce di uscire dal ruolo di Alcolizzato. Il cerchio si chiude.
Spesso la moglie dell’Alcolizzato gioca più ruoli, ma non contemporaneamente. Per esempio, alla mezzanotte lei è il Semplicione: lo mette al letto, gli fa il thè, lo calma permettendogli scaricare la sua ira su sé stessa. Di mattina lei è il Persecutore: lo biasima per la bisboccia. Di sera lo prega di tornare in sé, di finire di bere, cerca di salvarlo – questo è già il ruolo di Soccorritore. Dopo un – due giorni potrà assumere il ruolo di Semplicione, dandogli soldi per cosiddetti “bisogni giornalieri”.
Più ruoli può assumere anche madre dell’Alcolizzato: ora lei lo biasima perché beve (il ruolo del Persecutore), ora lo salva (porta in giro per i dottori, paga le cure, gli fa delle tisane speciali etc. – il ruolo del Soccorritore), ora impietosirsi del suo “bambino irragionevole” gli dà i soldi per una bottiglia (il ruolo del Semplicione), oppure la compra lei stessa con la consegna a domicilio, oppure beve con lui (il ruolo del Provocatore).
Capita che questi ruoli si dividono tra loro la moglie, l’amante ed i cresciuti figli dell’Alcolizzato.
“Il calzolaio senza scarpe”
Vi faremo un esempio che mostra in modo lampante la difficoltà di tutta la situazione “alcoolica”.
Viktor K. non si considera affatto un alcolizzato. Secondo lui, lui non potrà mai diventarlo. Lui è un dottore intelligente, ben istruito (due lauree – quella medica e quella psicologica), si interessa della medicina non tradizionale (lui stesso conosce tanti metodi di cura dell’alcolismo (è un calzolaio senza scarpe), e pratica anche privatamente, tra una ricaduta e l’altra. Lui non si disdegna lavorare con i pazienti in stato di astinenza (ago terapia, massaggi, SuGiok), spiegando questo con l’alta produttivitа associata a questo stato. L’orario libero del lavoro gli permette di bere per settimane. Si capisce, che lui è a corto sia dei pazienti sia dei soldi, perciò Viktor si sente non realizzato, essendo nella depressione a questo proposito. Il suo stato di sorbità Viktor non ama, non ci si sente bene, e lui sobrio non si piace (perché è troppo cupo e burbero).
L’ex moglie (il Persecutore) lo biasima sempre per l’alcolismo (quando lui viene una volta a settimana per vedere figlio), non gli permette di vedere figlio, non apre la porta, ma qualche volta lo fa entrare a casa con gran scandalo perché figlio veda quale sia suo padre e quale lui non deve mai diventare.
La seconda moglie (Soccorritore), con cui lui vive attualmente, cerca umilmente di tirarlo fuori “dalla palude”, lo cura durante l’astinenza, lo nutre (a proprie spese) perdonandogli assolutamente tutto e usando tutti i rimedi di “salvataggio” a sua portata.
L’amante (il Sempliciotto), a cui Viktor promette di sposarla, gli dà soldi per “bisogni giornalieri”, lo nutre (a proprie spese), e di tanto in tanto comprandogli una bottiglia, beve con lui (il Provocatore).
Anche madre di Viktor fa da Provocatore: nei rari casi quando lui appare a casa sua, gli mette la bottiglia sulla tavola, lo nutre con le cose buone bevendo con lui in compagnia e compatendo con lui: “Povero figliolo, sei stato sfortunato, con le donne! Quando troverai quella giusta?”.
I ruoli di Provocatori assumono anche i suoi due amici di sempre.
I pregi della mascherata.
Come vedete, tutti i partecipanti di questa mascherata hanno, per loro, sia i pregi che i difetti, e per loro è molto difficile, rinunciare la loro posizione solida, perché allora perderanno molto. Viktor si è stabilito comodamente a spese delle donne che lo amano e manipola con loro a suo piacimento, in modo intelligente distribuendo i loro ruoli (ogni donna, eccetto l’ex moglie, ha paura di perderlo e di conseguenza cerca di trattenerlo, e lui può venire e andare quando vuole).
Al primo sguardo, tutti i pregi, li abbia solo l’Alcolizzato: il procaccio e l’attenzione del Soccorritore, l’attenzione negativa del Persecutore, la compassione ed i soldi del Semplicione, la compagnia e l’alcool gratuito dei Provocatori… E’ una bella vita! Senza Soccorritore, Provocatori, Semplicione, Persecutore lui non avrebbe potuto vivere (e anche il ruolo di Alcolizzato non sarebbe stato possibile).
Ma anche altri partecipanti hanno i loro pregi, in questo gioco. E questo, lo si vede bene nell’esempio di Viktor. Moglie, madre e l’amante temono di perdere Viktor e cercano di attirare il suo amore e l’attenzione, la sua approvazione (“io non ti tradisco, in un momento difficile per te”).
Ogni donna lo capisce e lo perdona a modo suo. L’ex moglie ha la possibilità di alzare la propria autostima e di “accarezzare” il proprio ego (nella conversazione con l’amica non perderà l’occasione di dire con non curanza: “Il mio ex ieri si è presentato di nuovo, non riesce a dimenticarmi”), nonché di vendicarsi per le offese passate.
Ma ci sono anche le motivazioni nascoste.
Bern era arrivato alla conclusione che il consumo dell’alcool per sé stesso produce il piacere all’Alcolizzato “strada facendo”, lo scopo principale è un’altro: l’astinenza. Per lui questa sia non solo una tortura fisica, ma anche psicologica. Quando gli alcolizzati discutono la loro situazione allo scopo terapeutico, gli interessa non il problema del bere, ma le sofferenze successive. Oltre al godimento dal bere, un alcolizzato si gode anche dell’autoflagellazione e poi del subissare dei rimproveri di qualcuno che si prende cura di lui (per questo è così necessario il ruolo di Persecutore!). In sostanza, l’autoflagellazione, il senso di vergogna diventano il suo scopo.
Il Persecutore trova lo sfogo per le proprie ira e rabbia. Ci sia qualcuno su cui si può sfogare le emozioni negative, davanti a chi ci si può auto validarsi, dimostrare il proprio potere, la propria giustizia, la propria positività, e se necessario, ci si può trovare un capro espiatorio: “Lui mi ha guastato tutta la vita /giovinezza!” Se non ci sarà l’Alcolizzato, chi perseguiterà il Persecutore?
Per il Soccorritore, quanto vale la sua missione di salvataggio che lo eleva nella propria stima e negli occhi (come lui pensa) degli altri! Aiutare qualcuno, avere le cure, avere pietà – senza questo, lui non può vivere. E se per tutto questo nessuno lo ringrazierà, è tanto meglio: più grande sarà il suo sacrificio, e più in alto salirà lui nella propria stima. Anche se, certamente, il Soccorritore spera che quello, che lui sta salvando, alla fine apprezzerà tutti i suoi sforzi e con la gratitudine si aggrapperà al “fil di paia” del Soccorritore. Per questo motivo, il Soccorritore troverà sempre chi soccorrere.
Il Semplicione semplicemente non riesce a negare l’aiuto (dire di no), anche se il richiedente sia l’alcolizzato cronico. “Mi dispiace per la persona, è una persona, alla fine…” I suoi pregi consistono nel salire nell’autostima e nel non guastare i rapporti con l’alcolizzato (con l’amico, figlio, l’amante).
Anche il Provocatore, a parte del godimento dal bere e dalla compagnia dove “si apre l’anima” e tutto il mondo viene contrapposto ai commensali (“nessuno ci capisce”, “tutti sono bastardi”), ha un vantaggio nascosto (a che scopo lui ubriaca l’Alcolizzato): lui cerca di manipolarlo per mezzo di bottiglia. Il suo scopo può essere il mantenimento dei buoni rapporti con l’Alcolizzato, farlo passare dalla sua parte (come nel caso di Viktor e la sua amante e madre), la possibilità di mettersi d’accordo per qualche cosa, la firma dei documenti etc.
Il cerchio chiuso.
Ma ognuno, di questi ruoli, è distruttivo e non può essere vantaggioso.L’accanimento nel problema, nel suo ruolo porta alla crisi nervosa, alle malattie. Rendendosi del potere distruttivo del proprio ruolo e cercando sbarazzarsene, una persona può cambiarlo con un’altro (per esempio, il ruolo di Persecutore con il ruolo di Soccorritore), ma l’altro ruolo è altrettanto distruttivo.
Anzi, il cambio dei personaggi non cambia la situazione. Cioè l’Alcolizzato dopo aver perso per sempre il suo Persecutore o il Soccorritore (per esempio, nel caso di divorzio), si trova subito altri Persecutori e Soccorritori, e continua a giocare il suo ruolo, mentre il Soccorritore “attrae” un nuovo Alcolizzato e continua a salvare, ora, quest’ultimo.
Perciò in questa situazione non solo l’Alcolizzato sia un dipendente, ma anche tutti i personaggi del suo ambiente! Perché ognuno dipende dal proprio ruolo (non la persona guida la propria vita, ma il ruolo da lei assunto). Alla fine, “è malata” tutta la famiglia. Come un alcolizzato non può vivere senza una bottiglia, è dipendente da essa, così anche la sua/il suo consorte sia dipendente dalla necessità di curare, controllare, salvare, incolpare, giudicare. Per questa ragione nella Società degli Alcolizzai Anonimi tutti i membri della famiglia dell’alcolizzato vengono considerati coedipendenti. Il divorzio più spesso non risolve il problema. Molto spesso i coedipendenti si sposano di nuovo infelicemente, perchè non hanno lasciato i loro ruoli. Capita che anche dopo il divorzio, il “gioco” continua, perché i ruoli stanno ancora in piedi. I coniugi si separano, ma mantengono i loro rapporti. All’alcolizzato dispiace lasciare la bottiglia, e alla sua ex moglie dispiace lasciare l’ex marito ai quattro venti (“Si darà alla zozza senza di me”; “Mi fa pena”). In realtà non vuole lasciare la sua “gran missione” del Soccorritore, senza la quale non immagina più la propria vita. Lei viene da lui, lo sfama, gli dà soldi, lo cura, lo fa codificare, lo porta in giro per i dottori, si prende cura di lui come di un bambino sinceramente pensando che senza di lei lui morirà. E‘ interessante che nessuno degli uomini non bevitori viene sottoposto a tale attenzione da parte dell’ex mogli, che fra l’altro sono state loro le protagoniste del divorzio. Una mia cliente che era venuta da me per avere una consultazione, ha detto con orgoglio che il suo ex marito alcolizzato le ha chiesto di sposarlo di nuovo. Risposarlo o no, questo era il problema. Lui le aveva promesso di smettere di bere se lei accetterà risposarlo. Come vedete, la speranza muore per l’ultima.
Si forma il cerchio chiuso. Proprio per questa ragione il problema di alcolismo viene risolto molto difficilmente.
Esiste persino un gioco “L’Alcolizzato non bevitore” (i ruoli ci sono gli stessi come nel gioco “Alcolizzato”), dove una persona percorre tutti i gradini del degrado finanziario e sociale, anche se non beve.
Capita quando in un simile gioco giocano persino i bambini, soprattutto figli degli alcolizzati, ripetendo il ruolo di Alcolizzato sul livello infantile. Loro mentono, nascondono le cose, si fanno punire, criticare (suscitano l’attenzione negativa degli adulti) oppure cercano le persone che siano pronti ad aiutarli (cioè i Soccorritori). I bambini che non smetteranno di giocare a tali giochi, quando cresceranno, cominceranno a giocare il gioco “L’Alcolizzato”.
Come smettere di correre in un cerchio.
Dove sia l’uscita da questo cerchio chiuso? L’uscita c’è, ma non piacerà a tutti. E’ importante smettere di assecondare l’Alcolizzato nel suo gioco, smettere di biasimarlo o di salvarlo. L’Alcolizzato incoscientemente sfida tutti: “Vediamo se mi potrete fermare!”, e tutti i membri della famiglia per nessun motivo devono accogliere questa sfida. Per l’Alcolizzato non esiste niente di più interessante della possibilità di continuare questo gioco. Per questa ragione aiutare, in questo caso, vuol dire uscire dal gioco. Certamente, sarà difficile togliersi la maschera e smettere di giocare il ruolo abituale. Cambiare un ruolo con l’altro (per esempio, il ruolo del Persecutore con il ruolo del Soccorritore) sarà inutile. Meglio di tutto uscire dal gioco!
Come uscire dal gioco “L’Alcolizzato”.
La dipendenza, soprattutto quella dall’alcool, è il fenomeno frequente nella nostra vita. Purtroppo, questo fenomeno tortura di più non l’alcolizzato, ma i suoi famigliari. E proprio loro non sanno cosa fare. Visto che a causa dell’alcolismo più spesso soffrono le donne, allora i nostri consigli sono indirizzati a loro. La variante migliore è: se sia “malata” tutta la famiglia, bisogna curare tutta la famiglia. Ma qui esistono molti “ma”. Non ogni membro della famiglia sarà d’accordo di andare da uno psicologo, ed ancora è più raro quando lo stesso alcolizzato vuole finire con la sua cattiva abitudine. Per ogni membro della famiglia questa situazione porta qualche vantaggio, anche se non tutti se ne rendono conto. E questi vantaggi latenti spesso si rilevano più importanti della cessazione della situazione d’alcolizzazione in famiglia. Però si può migliorare l’ambiente, cambiando lo stato interiore di ogni membro della famiglia. Perciò bisogna cominciare da sé stessi. Ogni passo dev’essere il lavoro con sé stessi, con la propria anima, verso il risveglio spirituale.
1.
Il primo passo è smettere di lottare (perseguire, salvare), rassegnarsi, ammettere la propria impotenza davanti all’alcolismo, rifiutare la propria missione salvatrice.
E’ molto difficile, volontariamente rifiutare alla lotta. Perché sempre sembra che proprio TU puoi salvare la persona a te cara, che TU sei più forte e più importante, per essa, che l’alcool. Oltre a questo, le persone coscienziose pensano che loro DEVONO aiutare le persone in guai. Loro pensano che oltre a loro, nessuno può aiutare l’alcolizzato e quest’ultimo perirà se loro rifiuteranno aiutargli, e in tal caso la loro coscienza li torturerà per tutta la vita. Certamente, bisogna aiutare le persone. Ma non in questo caso. Ricordate che “dei buoni propositi è lastricata la strada all’inferno”. Anche se voi lascerete per sempre un alcolizzato, lui non rimarrà da solo: subito apparirà un Soccorritore che si farà d’obbligo e della propria grande missione salvarlo.
Chi può perire, in questa situazione, sono Lei e i suoi bambini. Perciò, se bisogna salvare qualcuno, questo “qualcuno” è proprio Lei. Accetti la situazione e il consorte come siano, si rassegni (nell’animo). Con questo rassegnarsi non vuol dire “abbassare le mani”. Rassegnarsi vuol dire cominciare a vivere in armonia con il mondo circostante e con sé stessi, smettere di lottare con il problema. La lotta provoca contrapposizione e spesso finisce con niente. Lei ha il rischio di spendere in una lotta futile tutte le sue forze e la salute. Allora, se Lei vuole salvare qualcuno – si salvi Lei stessa/o!
2.
Tutta la vita della famiglia dell’alcolizzato viene costruita attorno a questa dipendenza. Marito è fuori casa, e moglie e bambini pensano (sono in ansia, si agitano) di una cosa sola – in che stato papà tornerà a casa, ubriaco o no, calmo o adirato, cosa gli bisognerà dire questa volta, far entrare o no, dar da mangiare o no, urlare, piangere, sopportare o no? La donna prepara una strategia del proprio comportamento. Questo, non lo bisogna fare! Non bisogna sottomettere la propria vita a questo problema, bisogna liberarsi di essa. Trovatevi altri interessi, pensieri, cose da fare. Alla fin dei conti, questa vita è vostra, e da voi dipende con che cosa la riempirete.
Permettete all’alcolizzato risolvere TUTTI i suoi problemi da lui stesso – trovare soldi per una bottiglia, restituire i debiti, curarsi, tornare a casa coi propri mezzi, tirarsi fuori dalla polizia o prigione, pagare le multe etc.
3.
Bisogna analizzare tutta la propria vita e valorizzare sia essa che sé stessi. Questo aiuta a capire le cause del problema.
Perché vicino a Lei sia un alcolizzato?
Noi non a caso scegliamo i nostri partner.
In primo luogo, spesso scegliamo incoscientemente i partner con il sistema di valori opposta al nostro – le persone che possano diventare i nostri migliori “educatori spirituali”, e noi - per loro.
In secondo luogo, marito oppure moglie sono sempre quello che meritiamo. Solo “il simile attrae il simile”. Questo principio è stato espresso dai proverbi popolari – “fra moglie e marito no ci si mette un dito”, “due scarpe è un paio solo” etc. Se non foste meritevoli, su qualche livello interiore, l’un l’altra, non saresti diventati mai una coppia. Allora, pensi, in che cosa siete uguali e simili? Questo non significa che dovete essere copia l’una dell’altro e assomigliare come dei siamesi, ma in qualche cosa la somiglianza dev’essere per forza (per esempio, tutti e due siete falliti, oppure avete una bassa autostima, oppure siete invidiosi per le persone fortunate). Anche se esistono i casi quando la donna è inclina all’alcolismo, ma blocca quest’avversione perché capisce che questo è il male, che non si può bere, che ci siano le cose più importanti, per esempio, bambini. Oppure perché teme di diventare un’alcolizzata, oppure perché una volta ha bevuto troppo e ha litigato ed ora si vergogna di averlo fatto. E lei attrae un uomo che abbia la stessa inclinazione, ma non ha un “freno”, così lei prova lo stesso sentimento di vergogna, ma ora per il marito. Passano gli anni della vita, e lei perde quel blocco, ed ecco cominciano a bere tutti e due, oppure a drogarsi.
In terzo luogo, “si attraggono le diversità”, perché tutto, in natura, tiene ad armonizzarsi, al pareggio delle qualità. Così, “si trovano” insieme un laborioso e un pigro, un buono ed un cattivo, un forte ed un debole. La donna che abbia un forte principio femminile attrae un uomo con un forte principio maschile. E viceversa, se nella donna prevale il principio maschile, nella sua vita appaiono gli uomini con il marcato principio femminile. Quindi, si trovano insieme una donna col carattere forte e autoritario e un uomo svogliato e insicuro (l’alcolizzato). Questo, non contraddice la prima regola, perché il mondo è binato, ed anche noi per la natura siamo duali, vuol dire dentro di noi ci sono tutte le qualità contrapposte: alcune noi mostriamo al mondo, alcune nascondiamo, ci sono persino quelle che ignoriamo. Quanta bontà abbiamo, tanta abbiamo anche la cattività; quanta forza tanta anche la debolezza.
In quarto luogo, ci attiriamo quello che giudichiamo (rifiutiamo). Se voi avete giudicato e disprezzato le persone che bevono (“Come possono comportarsi così!”, “Come le sopporta Dio!”) allora con l’altà probabilità vi sposerete un alcolizzato, al fine che voi potrete amare quello che prima avete disprezzato. La natura non sopporta odio e conflitto, tutto, nella natura, cerca di armonizzarsi. Il mondo è stato creato com’è, e noi lo dobbiamo accettare e amare com’è.
In quinto luogo, oggigiorno nessuno viene costretto a maritarsi, questa scelta, la facciamo noi stessi. E proprio è la donna che sceglie l’uomo. Perciò bisogna capire perché Lei abbia scelto proprio lui. Spesso la donna sa che il futuro marito ama bere, e poi anche i suoi parenti ed amici le sconsigliano questo matrimonio, ma lei preferisce chiudere un occhio e pensa: “Io potrò cambiarlo! Il nostro amore è più forte!”. Ma questo è già il peccato di superbia, di orgoglio e di vanagloria: “io posso tutto, sono forte, lo cambierò”. In questo caso la situazione rivela che non tutto sia sottoposto a noi, che non siamo gli dei, e lo dovremo accettare (la vita stessa ci costringerà a farlo). Così a mezzo di umiliazione la vita ci “fa guarire” dall’orgoglio (perché non andiamo a deriva).
Ma che attrazione abbiano gli alcolizzati per le donne che s’innamorano di loro? Gli alcolizzati sono empatici (empatia: sensibilità, la comprensione totale dell’altra persona, delle sue gioie e dei suoi dolori). Una persona empatica letteralmente ci si mette nei panni dell’interlocutore, e tutti lo sentono come una persona “vicina”. Le persone più empatiche sono appunto gli alcolizzati. Questo è quell’amo sul quale, all’insaputa persino di sé stessi, loro pescano le donne. Ci si arriva fino all’inverosimile. La donna si lamenta col suo marito alcolizzato (l’ex o il presente) all’altro uomo alcolizzato (e lei non lo vede tale). Quello la capisce, le dà dei consigli, la compatisce, la si fa innamorare, la sposa, e poi la tortura allo steso modo del suo marito precedente, talvolta anche con il più arsenale (se l’ex beveva e si addormentava, questo magari la anche picchia).
Tutte le persone che ci capitano lungo il cammino della nostra vita, sono i nostri Insegnanti. I nostri Insegnanti sono i nostri genitori, i nostri figli, tantopiù i nostri consorti. Allora bisogna capire perché dobbiamo imparare da un alcolizzato, cosa dobbiamo capire di noi stessi grazie a questa situazione?
Ripetendo lo scenario della famiglia dei nostri genitori, possiamo scegliere il futuro consorte che somiglia a padre/madre, e, se siamo cresciuti in una famiglia di alcolizzati, abbiamo delle alte probabilità di attirare nella nostra vita un alcolizzato.
Perché, in primo luogo, abbiamo già un modello di famiglia (della famiglia alcolizzata) dove i ruoli di Alcolizzato, di Persecutore, di Soccorritore sono già noti e dove noi stessi giochiamo il ruolo di Soccorritore (salviamo padre dall’alcolismo).
In secondo luogo, abbiamo già nella mente l’ideale determinato del futuro marito, e usiamo quest’ideale per sceglierlo. Più spesso assomiglia a padre (anche se l’ideale può essere i tipo dello zio, del nonno, di un eroe cinematografico, del primo amore, oppure non del primo, ma quello più forte). Se nel vostro subconscio l’ideale sia un uomo un po’ sbronzo, allora indifferentemente se vi apponete o no, sarete attratte dagli uomini a chi piace bere. Altri, soprattutto gli astemi, non vi interesseranno per niente.
In terzo luogo, dopo aver sofferto dall’alcolismo nell’infanzia, noi fortemente lo giudichiamo, e di conseguenza ci capitiamo in una situazione quando dovremo accettare quello che abbiamo giudicato.
Però possiamo prendere la strada del metodo contrario e trovare il tipo totalmente contrario al nostro padre/madre.
“Mio papà non beveva, - racconta Galia Z. – ma lui era molto duro e umiliava mia madre. Perciò ancora nell’infanzia mi sono decisa di non permettere mai a nessuno umiliarmi. Cercavo incoscientemente un uomo debole che potrei comandare e guidare. Sashia dall’infanzia si trovava sotto la dura pressione dei suoi genitori, loro prendevano le decisioni per lui, persino loro hanno scelto per lui la professione. Certamente, nella futura moglie, lui cercava la seconda madre. Ecco come ci siamo trovati insieme”.
Sashia si è rivelato il totale opposto del suo padre – debole, dipendente, non realizzato nella vita, alcolizzato.
Visto che le cause della nascita di una famiglia alcolizzata sono più o meno chiare, allora la risoluzione di tale situazione si presenta da sola. Come si dice, l’uscita da una situazione senza uscita si trova dov’è l’entrata.
Analizzate le cause grazie alle quali avete attirato, nella vostra vita, un alcolizzato, e fate le conclusioni. E’ indispensabile perdonare sia lui sia se stessi. Cambiate il ruolo del Soccorritore, del Persecutore, del Semplicione con il ruolo di una donna debole, diventate ancora più debole, più paziente e più dolce. Questo è a portata di ogni donna, persino di una donna forte perché la debolezza e la forza sono i lati opposti della stessa medaglia. E quanta forza abbia una donna / un uomo, tanta hanno anche della debolezza. Questa debolezza semplicemente è nascosta dagli occhi umani e persino dalla persona che l’abbia. Bisogna scoprirla, tirarla fuori e mostrarla più spesso possibile. Come si può mostrarla? Non giudicando il prossimo, non cercando di cambiarlo, non sgridandolo e non offendendosi. Mostrate più tolleranza, verso di lui: alla fin dei conti, avete proprio voi insieme fatto una famiglia alcolizzata. Permettete a lui di essere l’uomo, il capo della famiglia, di prendere le decisioni e di avere le proprie opinioni. Se non riuscirete a diventare una donna debole, allora giocate di essere debole (perché non provare, anche in assenza del talento d’un artista?), provate questo ruolo e rimanete in esso.
E ancora una cosa. Parlate, in famiglia, più spesso dei sentimenti, ma senza falsità. Più spesso cominciate le sue frase non dagli accusanti, ma dalle parole “io sento che”. Per esempio, al posto di “Quando finalmente finirai di bere, non ti posso più vedere!”, sarà meglio dire col lamentarsi, con il tono basso e pietoso: “Io sento una gran stanchezza dai perpetui problemi, non ho più forze risolverli, io aspetto da te un aiuto”, oppure “Come sono stanca, vorrei che mi aiutassi (in questo o in quello)”.
Psicologo Marina Moscalenko
Un'aggiunta importante.
L'alcolismo è una forma di indemonizzazione, di ossessione. Perche' dietro tutte le dipendenze alimentari ci sono i demoni di peccato di gola. Come dicono tutti i dottori veri, cioè credenti ortodossi, e come lo si faceva nella Russia prima del 1917, ogni dottore prima di tutto deve consigliare al paziente di andare da un prete ortodosso per confessare i pecati e per fare una Comunione. In seguito a questo comportamento i demoni perdono la loro forza ed allora sarà più facile, liberarsi da loro.
Questo vale, ovviamente, per i casi quando un dipendente vuole lui stesso liberarsi dalla dipendenza.
In altri casi, quando non ci sia una valutazione, da parte del malato, dello proprio stato di degrado, valgono i consigli dell'articolo qui sopra. Ma ad un certo punto, quando un dipendente arriva a capire che deve lottare lui, la lotta spirituale diventa obbligatoria. Altrimenti, non si fa niente... Liberarsi dai demoni, solo con i mezzi materiali, non è possibile.
Infatti, in Russia ci sono dei Centri per le cure delle dipendenze organizzati dai sacerdoti ortodossi, ed anche dai pastori delle altre confessioni. La guarigione avviene solo nei Centri Ortodossi. E gli altri Centri si rappresentano, purtroppo, una specie di sette dove ogni persona diventa dipendente dalla setta in cui si era capitato. Cioè da una dipendenza ci si va all'altra.