Capita, nella vita, a noi TUTTI dei momenti molto difficili da sopportare, quando ci lasciano non solo le forse psichiche ed anche fisiche, ma persino la cosiddetta “voglia di vivere” che si basa nell’innato istinto di conservazione. Per esperienza sappiamo, che prima o poi quest’umore nero passerà e sorrideremo di nuovo, perché la difficoltà nel sopportare questi momenti è basata nella più o meno momentanea assenza di padronanza (in realtà illusoria) di sé stessi e delle circostanze.
In questi momenti di debolezza d’animo una persona atea o comunque ignorante della vita e delle leggi spirituali comincia a considerare la morte forzata come una degna via d’uscita. E se non degna, ma almeno riparatrice di tutto ciò che sta tormentando la persona in questione in questo preciso momento.
Se fossi così, la Chiesa non avrebbe obbiettato a tale risoluzione dei problemi, ma il fatto è che la Chiesa sa, che nessuna persona può mai morire. Questo significa che i problemi terreni, precisamente – le cause dei problemi terreni che conserva ogni persona nel proprio animo (si tratta delle passioni, infatti), passeranno con lei nell’al di là e la continueranno a tormentare con più forza di prima, perché sulla terra abbiamo dei rimedi per risolvere i problemi e persino le cause di essi, ma nell’al di là non possiamo fare più niente.
Ancor di più: i Padri Santi sempre hanno detto che nel Giorno del Giudizio tutte le persone che hanno vissuto sulla terra per millenni della sua storia, si presenteranno davanti a Dio, sia i santi che i peccatori accaniti - esclusi i suicidi. Solo loro rimarranno al fondo dell’Inferno come non degni persino del Giudizio. Perché? Perché abbiano violentemente strappato il giudizio dalle Mani di Dio Stesso.
Ma questa è la causa principale, ce ne sono tanti altri e nomineremo in seguito solo alcuni, ma prima presentiamo una citazione patristica di Abba Doroteo di Gasa (VI sec.) dal suo libro che conosce tutto il mondo cristiano - “Insegnamenti spirituali”.
"Ci sono alcuni che sono tanto sopraffatti dalle afflizioni che capitano loro, che rinunciano alla vita stessa e desiderano morire pur di sbarazzarsene. Ma questo lo si prova per pusillanimità e grande ignoranza, perchè loro non sanno la terribile condizione a cui l’anima non può sfuggire dopo la sua uscita dal corpo.
E’ grande bontà di Dio, fratelli, che noi veniamo castigati ancora in questo mondo. Ma noi, ignorando l’al di là, crediamo pesante l’al di qua. E invece non è così. Non sapete che cosa si dice nel Gerontikon? Un fratello molto zelante interrogò un Anziano dicendo: “Perché la mia anima desidera la morte?”. L’Anziano gli rispose: “Perché cerca di sfuggire l’afflizione e non sa che l’afflizione futura è molto peggiore di questa”. Anche un altro similmente domandò ad un Anziano: “Perché sono tormentato dall’accidia mentre mi trovo nella mia cella?” L’Anziano gli rispose: “Perché tu non hai ancora visto il riposo sperato e neppure la punizione futura. Se tu vedessi queste cose, anche se la tua cella fosse piena di vermi e tu vi fossi immerso fino al collo, lo sopporteresti senza provare accidia”. Ma noi vogliamo salvarci dormendo e per questo ci perdiamo d’animo nelle afflizioni, mentre dovremo piuttosto ringraziare Dio e considerarci beati, perché siamo fatti degni di soffrire un pò quaggiù per poter poi trovare un grande riposo nell’al di là.
Diceva anche Evagrio: “Uno che non si è liberato dalle passioni e prega di morire, è simile ad un uomo che inviti il carpentiere a spezzare subito il letto del malato”. Perché l’anima essendo nel corpo, anche se lotta con le passioni, allo stesso tempo viene consolata da loro, perché mangia, beve, dorme, conversa e si diverte con gli amici. Ma quando esce dal corpo, resta sola con le sue passioni e viene tormentata da loro. Occupata di loro, viene bruciata dalla loro molestia, squarciata da esse, tanto che nemmeno può più ricordarsi di Dio. Infatti, è il ricordo di Dio che consola l’anima, come è detto anche nel salmo: “Mi sono ricordato di Dio e mi sono rallegrato”. Ma le passioni non le concedono questa consolazione.
Volete capire con un esempio quello che vi dico? Che venga uno di voi e lo chiuderò in una cella buia, senza mangiare, senza bere, senza dormire, senza parlare con nessuno, senza salmodiare, senza pregare, senza nemmeno ricordare di Dio, almeno per tre giorni. Allora capirà che cosa gli faranno le passioni. Però lui si trova ancora qui. Quanto più dopo la sua uscita dal corpo la povera anima, che assecondava sempre le passioni sulla terra, sarà tormentata da loro quando resterà da sola con esse! Dalle sofferenze di qua potete approssimativamente capire il tormento futuro dell’anima che non si era liberata dalle passioni durante questa vita terrena…” (L’insegnamento N°12)
Come si può vedere da questa citazione, l’anima lasciando il corpo, si mette di fronte alle passioni che avrà conservato ed avrà fatto crescere durante la vita nel corpo. Proprio le passioni la rendono “non idonea” ad entrare nel Paradiso, perché nel Paradiso “niente d’immondo e nessuno che commetta abominazione o falsità, v’entreranno” (Apoc. 21-27) e le passioni sono quel “fango” che distorce l’anima, la rende sporca e handicappata.
Come succede?
Prendiamo, per esempio, la passione che dà l’inizio a tutte le altre passioni – l’amor proprio, oppure la suscettibilità. Per descriverla in breve, prendiamo un’altra citazione, del vescovo serbo S. Nikolaj Zhickij (Velimirovich, m.1956), che è stato anche nei campi di concentramento.
“Qualsiasi umanitarismo senza l’amore di Dio è falso, e qualsiasi forza, tranne quella Divina, è altezzosa e debole. Ma l’uomo ha scelto una terza via che non sia quella dell’umanitarismo né quella dell’amore di Dio. Lui ha scelto l’amor proprio – il muro che lo divide sia da Dio che dalle persone, che lo condanna ad una totale solitudine. Amando esclusivamente sé stesso, l’uomo non ama né Dio né le persone. Lui non ama persino l’uomo dentro di sé. Lui ama solamente la propria opinione di sé stesso, la propria illusione. Perché se amasse l’uomo dentro di sé, allo stesso momento avrebbe amato anche l’immagine di Dio dentro di sé e da qui sarebbe diventato anche l’amante di Dio, a causa che avrebbe cercato anche nelle altre persone l’uomo ed il Dio, gli oggetti del suo amore. Ma l’amor di sé stesso in fin dei conti non sia l’amore – in realtà è il rinnego di Dio ed il disprezzo delle persone, aperto o nascosto che sia. L’amor proprio non è l’amore, ma la malattia, e malattia pesante che provoca inevitabilmente anche le altre malattie… L’uomo suscettibile è pieno d’invidia per coloro che sono migliori di lui: o più ricco, o più istruito, o più rispettato. Dall’invidia proviene l’ira, come il caldo proviene dalla fiamma, - l’ira nascosta, latente, che si manifesta di tanto in tanto ed in questi manifestazioni spoglie la mostruosità del malato cuore umano avvelenato dall’amor proprio…” (”Conversazioni”)
Infatti, leggendo gli psicologi ortodossi si viene a sapere, che dalle ricerche risulta che quelli che vogliono suicidarsi od hanno tentato il suicidio sono tutti… egoisti.
Ebbene, analizzando quest’esito si può capire che solo lo smisurato ingrandimento del problema sotto la luce di uno sguardo egocentrico può portare alla più disperata conclusione dell’impossibilità di sopportare il peso del problema – per una persona che per amor proprio vuole avere una vita leggera, comoda e senza complicazioni a qualsiasi costo, anche a costo della vita stessa.
Allora, il senso egocentrico della vita da una parte e l’ignoranza spirituale - dall’altra, portano le persone più deboli d’animo al suicidio.
Ma l’uscita, qual’è? – nel capire le cause del proprio fallimento di vita e nel liberarsene.
Non è difficile capire che la voglia di morire sia uno stato d’animo inalterato, malato, DEBOLE. Per pura logica, per poter guarire dobbiamo capire di che siamo malati. E prima di tutto, guarire mentalmente, spiritualmente.
C’è ancora un’altro aspetto della situazione. C’è una saggezza antica che dice: “Se non fosse possibile cambiare le circostanze, allora bisogna cambiare la propria considerazione di esse”.
Intuendo ciò, alcuni ricorrono all’aiuto degli psicoanalisti, anche loro non credenti ed ignoranti delle leggi spirituali. Cosa succede, in questo caso? La risposta, la troviamo facilmente del Nuovo Testamento: “Può forse un cieco fare da guida a un altro cieco? Non cadrebbero tutti e due in una buca?” (Lc. 6-39).
In realtà bisogna prima di tutto capire che niente succede, con noi o nel mondo, per caso. Perché è detto: “Due passeri non si vendon essi per un soldo? Eppure non ne cade uno solo in terra senza il Padre vostro. Ma quant’è a voi, perfino i capelli del vostro capo son tutti contati” (Matt. 10-29,30).
Per questo motivo dobbiamo sapere che una storia disastrosa od una malattia pesante siano “la lingua Divina” che dobbiamo saper tradurre.
In primo luogo dobbiamo “scoprire” le cause di ogni evento indesiderato, e sono sempre i nostri peccati che li provocano. Una persona attenta alla vita spirituale dentro di sé lo scoprirà velocemente. Le persone che vivono la vita animale, puramente fisica e materiale, devono prima di tutto capire che gli eventi tristi vengono provocati dalle stesse persone che li subiscono.
Ogni peccato, non è che viene castigato da Dio, ma esattamente provoca, per le leggi spirituali, una reazione interna nella persona o nel suo organismo, dipende dal tipo di peccato. In altre parole, il peccato è un boomerang che torna sempre al mittente (magari di questo meccanismo parleremo nell’altra pagina del nostro sito).
In secondo luogo, scoperte le cause, si corre al riparo: scoperta una buca nello scafo di una nave, la si tappa, altrimenti la nave affonderà. Esattamente succede anche alle persone. Se una persona non troverà le cause dei suoi mali esterni, nell’ignoranza delle loro origini continuerà a ripeterle; è come ricevere una coltellata ed invece di risanare la ferita vi si gira il coltello. In Chiesa, i rimedi per guarire e risanare sono il pentimento e la successiva confessione, ed il dottore è il sacerdote ortodosso.
In terzo luogo, bisogna… ringraziare Dio per quello che abbiamo subìto. Perché? Perché ogni nostra malattia o disdetta è il campanile d’allarme che ci fa capire che qualcosa non va bene, in noi. Dio ci sopporta a lungo, ma alla fine “si vede costretto” fermarci, porre un rimedio affinchè non andiamo a fondo come una nave in avaria.
Ringraziare il Signore bisogna anche per un’altro motivo: i Padri Santi scrivono che se una persona nel subire pazientemente le malattie o le circostanze difficili si trova ancora le forze (o meglio la ragione) per ringraziare il Dio, viene paragonata… ai martiri. E viene premiata in modo uguale!
Insomma, facciamo conti dopo il discorso: noi stessi provochiamo le nostre malattie ed i disastri della nostra vita, però se li sopportiamo pazientemente e ringraziamo Dio per il nostro “castigo” giustamente ricevuto, veniamo poi premiati solo per averli sopportati!
Di fronte a tutto questo, l’idea di suicidio si presenta nella sua orrenda e ripugnante debolezza d’animo di un egoista e la totale assenza dell’idea del senso della vita umana.
Come ha scritto lo scrittore russo F. M. Dostoevskij, “satana lotta con Dio ed il campo di questa battaglia è il cuore umano”.Bisogna capire ancora una cosa di grande importanza: tutti i pensieri peccaminosi e cattivi ci suggeriscano le forze del Male, i demoni (v., per es., la pagina del ns. sito della magia ed occultismo), che non vogliono essere smascherati. L’ignoranza di questo fatto porta le persone a considerare questi pensieri come propri e DI CONSEGUENZA seguirli. Invece bisogna lottare, per non essere schiavi… e per non diventare schiavi per sempre.
La lotta con il Male porta alla libertà dal Male. Perché dalla nostra parte c’è Dio.
Il che significa diventare davvero felici, com’è promesso: “Ma cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte” (Matt. 6-33).
Nonostante tutto questo,
quanti ne sono stati, e quanti ci saranno, i suicidi!
Speriamo, che questa pagina fermerà almeno uno di loro.