Il materiale che si trova sotto
ci e' stato inviato da un lettore del nostro sito,
e abbiamo deciso di dargli spazio visto che riguarda da vicino
la gente che vive in Europa...
riguarda OGNI persona in TUTTA l'Europa...
Infatti, il problema dell'Ucraina,
e' il problema non solo dell'Ucraina e della Russia,
ma anche dell'Europa
che nel prossimo futuro sara' coinvolta pienamente
senza ovviamente volerlo.
Leggete come.
Noi europei sotto l’età del Terrore Americano
Maurizio Blondet
9 Ottobre 2014
Il 10 settembre scorso, alle 9 di sera, un’esplosione di immensa potenza ha distrutto il grande complesso chimico della Organo Fluid Gmbh a Ritterhude presso Brema: gigantesco l’incendio, aria piena di gas e solventi chimici, decine gli edifici dell’azienda devastati, 14mila persone fatte evacuare da una zona residenziale di Ritterhude, danneggiata dal titanico scoppio, qualche ferito grave, trecento pompieri impegnati per ore. Danni incalcolabili, anche perché la notizia è presto scomparsa dagli stessi media germanici.
Secondo una fonte russa (Aleksandr Zhilin) non si è trattato di un incidente, ma di un «avvertimento» della Casa Bianca alla Merkel. Si può non crederci, gli impianti chimici a volte scoppiano. Ma si è notato un rovesciamento delle posizioni di Berlino: prima del disastro, Angela Merkel ha cercato di salvare gli interessi tedeschi nel rapporto con la Russia, sotto sanzioni per volontà americana, cercando di chiudere in fretta (qualche settimana) le sanzioni a Mosca; s’è fatta richiamare («due volte») dal presidente Obama, il quale le avrebbe detto a muso duro che la Germania si stava comportando «come una prostituta»: dopo l’esplosione presso Brema, Berlino s’è messa in riga e professato la sua sottomissione agli Stati Uniti.
Di speciali e fortissime «pressioni» americane per obbligare gli europei ad obbedire ha parlato Joe Biden, il vicepresidente-gaffeur, durante il discorso che ha tenuto agli studenti della Harvard Kennedy School giovedì 2 ottobre. La stessa chiacchierata in cui Biden ha «rivelato» che la responsabilità per la crescita dell’IS apparentemente inarrestabile è di Arabia Saudita, Turchia e Qatar, «così decisi a rovesciare Assad» da armare i terroristi a migliaia.
Biden ha poi dovuto scusarsi al telefono con i suddetti regimi, per aver detto questa parte della verità, tacendo la corresponsabilità americana nella sovversione anti-siriana e nel terrorismo islamista. Nessuna scusa invece ha ritenuto di rivolgere ai leader europei, per l’aperta derisione di cui li ha fatti segno. Ha cominciato ad irridere la debolezza economica della UE.
«Signori e signore, alzate la mano se pensate che il nostro competitore principale sarà la UE nel prossimo decennio», ha detto Biden: «alzate le mani» (risate). Non sto facendo lo spiritoso, sono serissimo. Vogliamo – è nostro interesse la UE cresca, che la Cina cresca, perché se loro non crescono, noi non cresciamo tanto rapidamente. Ma, signori e signore, in termini relativi, noi siamo molto ben posizionati se agiamo razionalmente, se investiamo nella nostra gente...».
Poi è passato a ricordare come s’è dovuto «sgridare l’Europa» perché era tanto riluttante ad agire contro la Russia per la sua «aggressione» all’Ucraina, dato che le sanzioni intaccano la già fragile economia europea.
«Abbiamo posto Putin davanti ad una semplice scelta: rispetta la sovranità Ucraina o affronta conseguenze sempre più pesanti. Così abbiamo potuto radunare i Paesi più sviluppati del mondo a imporre un costo reale alla Russia. Che quelli (gli europei) non volevano, è vero. Ma, ancora una volta, è stata la leadership americana e il presidente degli Stati Uniti, a volte dovendo mettere in imbarazzo l’Europa perché si comportasse con dignità e accettasse i contraccolpi economici necessari per imporre i costi (a Mosca)».
La messa in imbarazzo è stata un successo, per Biden: «i risultati sono stati una massiccia fuga di capitali dalla Russia, la paralisi degli investimenti esteri diretti, un rublo in caduta storica sul dollaro, e l’economia russa sull’orlo della recessione». La vacua speranza nutrita in Europa di tornare rapidamente al commercio con la Russia è stata seppellita. Biden ha detto che gli USA vogliono questo dall’Europa; «che stabilisca una volta per tutte una strategia energetica sì che la Russia non possa più usare le sue risorse naturali per tenere ostaggi i vicini». Ciò va ottenuto rafforzando la NATO: «ciò richiede investimenti e sacrificio da entrambe le sponde dell’Atlantico, e questo significa che ogni Paese NATO dedichi il 2% del suo Pil alla Difesa».
La «lunga guerra al terrorismo» serve, in questa fase, a riprendere possesso dei satelliti europei in declino, che si stavano poco a poco integrando con la Russia. Ci domandiamo come mai i leader europoidi accettino pedissequamente questa politica rovinosa e suicida: probabilmente non teniamo in conto il tipo di «pressioni» che subiscono, fino alla minaccia di morte, o di stragi terroristiche: da attribuire ovviamente ai terroristi islamici.
Come l’attentato-strage alla metropolitana di Londra (55 morti, 700 feriti) del 7 luglio 2005, seguito poi, il 21, da un attentato dimostrativo (esplosero detonatori ma non le cariche): avvenuto mentre erano in corso «esercitazioni antiterrorismo» di una ditta privata che simulava esattamente gli stessi attentati, e – soprattutto – mentre ad Edimburgo si riuniva il 31° vertice del G-8. Come l’attentato di Madrid del marzo 2004, strage «islamica» dove i terroristi islamici vennero accompagnati sul posto del delitto da un informatore della polizia politica, attentato musulmano fatto evidentemente per influire sulle elezioni spagnole imminenti.
Non occorre mai dimenticare che il potere americano è stato capace di massacrare oltre 3 mila dei suoi cittadini nell’attentato terroristico (false flag) dell’11 Settembre; che ha armato e formato i terroristi islamici che poi ha finto di combattere, da Al Qaeda all’IS; di questa verità che i media deridono come complottismo di mattoidi, sono ben consapevoli i leader, i Governi, i loro servizi. Loro «sanno» che il vero nemico è l’alleato, sanno qual è il solo vero Sato, o super-Stato-canaglia nel mondo.
Esempio di questa consapevolezza lo ritrovo nel blog di Antonio de Martini, che pare vicino ai nostri servizi, diciamo ai vecchi servizi filo-arabi andreottiani. A proposito degli inefficaci bombardamenti dei caccia americani contro i terroristi del califfato, che imperterriti stringono i kurdi a Kobani in Siria, sotto gli occhi dell’esercito turco
«Chiunque non sia stupido o in malafede si è già chiesto come mai la vasta coalizione democratica non abbia pensato a bombardare questi facili obiettivi (dell’IS) e continua ad accanirsi sui silos di grano che davano tanto fastidio alle manovre di aggiotaggio della CONTINENTAL GRAINS che condiziona le quotazioni della borsa merci di Chicago, è di proprietà non araba ne cristiana. Questi silos per anni hanno impedito ai siriani di essere truffati con questo espediente: una volta fissato il giorno in cui calcolare il prezzo di riferimento per l’acquisto, la quotazione cadeva per poi riprendersi poco dopo. Forti perdite per i siriani e ottimi profitti per CONTINENTAL GRAINS. La distruzione dei grandi silos condanna la popolazione alla fame, lo Stato siriano a svenarsi per comprare grano canadese o australiano ( membri della coalizione vasta) e compromette la possibilità di conservare il raccolto».
La Continental, fondata dall’ebreo belga Simon Fribourg nell’800, è una multinazionale di dimensioni enormi, mai quotata in Borsa, mai dunque scalabile, da sempre in mano a un paio di famiglie di nome Fribourg e Zimmerman. Il bombardamento «per errore» dei silos siriani viene dunque riconosciuto come un atto terroristico commesso dalla super-canaglia per conto della più grossa delle «Sei Sorelle del Grano», che praticano il cartello sui prezzi delle granaglie; fra l’altro, il contrario del «libero mercato» promosso dall’ideologia-canaglia.
Secondo il settimanale Marianne, i servizi francesi sono ai ferri corti col Governo: dicono che per affrontare l’IS e contrastare le minacce di tale terrorismo «islamico» all’interno della Francia, è assolutamente necessario stabilire una collaborazione con il regime siriano di Assad. Ma Hollande e Fabius (il Ministro degli Esteri) sono duri: no, Assad resta il nemico principale. Per la loro vera nazione, Israele, è verissimo.
Solo per caso s’è saputo che all’aeroporto di Fiumicino, in un giorno imprecisato di settembre, sono scomparsi 35 passeggeri algerini: venuti con un volo dalla Turchia e dotati di un biglietto per Algeri, sono sgattaiolati via restando fra noi, da qualche parte. Avevano indossato uniformi e tute del personale di terra dell’aeroporto. Evidentemente «Al Qaeda» o lo IS hanno una bella organizzazione di basisti in Italia. Forse un po’ troppo, per terroristi «islamici», ma certo nelle possibilità del nostro miglior alleato, se ci vuol dare un avvertimento. Magari per ammorbidire le posizioni della nostra Mogherini, giudicate non ben allineate.
Bisogna prendere coscienza che «il terrorismo è divenuto l’essenza della politica estera ed interna USA», come scrive Aleksandr Zhilin. «I servizi USA hanno da molto tempo creato le centrali di terrorismo, le zone di tensione, le organizzazioni. Ed anche quelli che sono comparsi senza loro intervento diretto, li hanno presi finanziariamente in carico. A Langley (sede della Cia, ndr) si ritiene che le organizzazioni terroriste sono strumenti efficaci di promozione degli interessi statunitensi in molte parti del mondo. Soprattutto quando sono utilizzate in congiunzione con le tecnologie d’informazione, con il ricorso ai canali di diffusione dell’informazione istantanea e totale. Questa sintesi costituisce per sé un mezzo strapotente d utilizzare l’orrore su vasta scala, paralizzando i governi, i sistemi di sicurezza dello Stato, fino alla caduta dell’economia e del sistema finanziario».
Una volta assunta questa consapevolezza, a Mosca si è notato con allarmata attenzione il ritorno della nota Victoria Nuland a Kiev – per la prima volta da marzo, quando distribuì incitamenti e dolcetti ai fanatici di piazza Maidan – in coincidenza con il primo dispiegamento di truppe germaniche in Ucraina dagli anni ’40. Ma si tratta di 200 parà destinati a «fornire la sicurezza alla missione OSCE», la quale sta cercando di affermare una zona-cuscinetto di 30 chilometri fra le due parti della guerra civile, onde consolidare la tregua firmata a Minsk il 5 settembre. Trenta chilometri è la profondità che ripara dai colpi di artiglieria.
Questa tregua è ogni giorno violata, e con sempre più forza, dal regime di Kiev che – come sappiamo – è giunto a sparare sulla Croce Rossa internazionale, letteralmente. Con l’uccisione di un membro svizzero della CRI sotto un bombardamento d’artiglieria dell’armata di Kiev su Donetsk, un deliberato atto di terrorismo, il regime sostenuto dagli Usa ha determinato il ritiro di questo testimone scomodo ed autorevole dall’area di conflitto. È la fine di un’epoca, l’epoca della civiltà in cui la Croce Rossa era inviolabile.
L’arrivo di Victoria Nuland è coinciso con un’interessante metamorfosi del presidente e oligarca Petro Poroshenko: lui, il firmatario della tregua di Minsk, ha smesso il gessato e la cravatta ed è riapparso in tv con la mimetica di guerriero, annunciando che la tregua è servita a Kiev a rafforzare le sue forze armate, a migliorarne la «preparedness» ed a rifornirla di nuovi armamenti ed equipaggiamenti in vista di un inverno di guerra. Il Governo ucraino ha l’economia in collasso, deve alla Russia 5,3 miliardi di dollari di gas non pagato, i suoi dirigenti si odiano e si attaccano pubblicamente, sono continuamente sotto la minaccia del Pravi Sektor che li dichiara traditori per aver accettato l’armistizio.
Ma Poroshenko dichiara che il suo nuovo esercito è addestrato «alle moderne tecniche di combattimento», che «l’economia ucraina è oggi trasformata in un’economia di guerra e provvederà a tutto quel che serve per rafforzare l’armata». Andrey Lysenko, il portavoce del Consiglio di Difesa del governicchio, ha dichiarato lunedì scorso: «Siamo riusciti a potenziare i materiali attualmente in servizio, ottenere nuovi armamenti, riorganizzare le industrie della difesa che fabbricano armamenti e li riparano . Abbiamo anche raggruppato le forze, siamo riusciti a fare ricognizioni profonde per aver più informazioni sul nemico. Abbiamo completato la terza ondata di mobilitazione. Abbiamo rimpiazzato le unità che ne avevano bisogno e dato loro un periodo di risposo dopo i pesanti combattimenti, ora sono pronte a tornare».
Un miracolo ottenuto dal ritorno della Nuland. Evidentemente la guerra contro la Russia deve continuare, fino alla guerra totale o al regime change a Mosca. La tregua, come uno straccio di carta, è strappata.
Ciò ha indotto Vladimir Putin ad annunciare un mirato piano di riarmo atomico («raggiunta la parità nucleare con gli USA») e la messa a punto di missili da crociera e sottomarini furtivi – misura necessaria dato che «gli Stati Uniti sviluppano la dottrina dell’attacco preventivo globale». È una risposta razionale; ma dall’altra parte ci sono i messianici ebrei devastatori, in pieno delirio di onnipotenza bellica.
Ovviamente, i terroristi ceceni si sono rifatti vivi in territorio russo, compiendo le loro stragi. Il super-Stato terrorista non dorme mai.
Leon Panetta, già capo della CIA e Ministro della Difesa per Obama, ha detto agli americani che il programma entrato in vigore dopo l’11 Settembre e la «lunga guerra al terrorismo globale» (allora contro Al Qaeda), non è cambiato. La guerra contro lo IS «durerà 30 anni», e si dovrà estendere molto al di là dello Stato Islamico «per includere minacce emergenti in Nigeria, Somalia, Yemen, Libia ed altrove».
«Altrove».
Le confessioni di un eminente giornalista tedesco:
come scatenare una Guerra tramite i media
Kurt Nimmo
8 Ottobre 2014
Udo Ulfkotte, ex editorialista del Frankfurter Allgemeine Zeitung – uno dei maggiori quotidiani tedeschi – ammette di aver lavorato per la CIA
Ulfkotte ha dichiarato a Russia Today: «Sono stato giornalista per circa 25 anni, sono stato educato a mentire, a tradire, ad imbrogliare il pubblico. Avevo l’appoggio della CIA. Perché l’ho fatto? Perché sono filo-americano».
Ulfkotte ha poi aggiunto che negli Stati Uniti ed in Europa la maggior parte dei giornalisti della stampa ufficiale lavorano per una agenzia d’intelligence e sono «sotto una cosiddetta copertura non ufficiale». E prosegue: «la cosa vale in particolare per i giornalisti britannici che hanno contatti molto stretti [con l’intelligence], per quelli israeliani e naturalmente per i francesi... per gli australiani, quelli della Nuova Zelanda e di Taiwan. Beh, è un elenco un po’ lungo!».
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=yp-Wh77wt1o
I media della CIA spingono
per una catastrofica guerra con la Russia
Ma perché si fa avanti Udo Ulfkotte? Perché è preoccupato per una guerra fra USA ed UE da una parte e Russia dall’altra. Nella sua intervista ad RT Ulfkotte dichiara:
«I media tedeschi ed americani cercano di tirar dentro i popoli europei in una guerra con la Russia. Questo è un punto di non ritorno, ed io mi faccio avanti e parlo... manipolare la gente, come ho fatto in passato, con la mia propaganda contro la Russia, non è giusto... non è giusto quello che i miei colleghi fanno ed hanno fatto in passato, sono pagati per tradire, e non solo qui in Germania, ma in tutta l’Europa... ho veramente un gran timore per una nuova guerra in Europa. La guerra non spunta mai dal nulla: ci sono sempre delle persone che spingono e non sono solo politici, ci sono anche i giornalisti. … Abbiamo tradito i nostri lettori solo per spingere verso la guerra. … Io non ci sto più, sono stufo di questa propaganda. Viviamo in una repubblica [la Germania] delle banane, non in un Paese democratico con una stampa libera».
Per l’élite dominante – l’oligarchia finanziaria che controlla gli Stati Uniti – la guerra non è che lo strumento sui misura per accentrare e mantenere il potere ed imporre un ordine monetario mondiale. Accecati dal loro ego e dall’arroganza credono che la guerra alla Russia fermerà le sue aspirazioni geopolitiche, che percepiscono come una minaccia, come quelle della Cina. Sfidare e fermare la Russia: la guerra in Ucraina, sparita dai titoli dei giornali, ha a che vedere solo con questo.
La Russia sa cosa c’è in ballo e si sta preparando per l’inevitabile: la guerra termonucleare. Una cosa impensabile solo due o tre anni fa...
Kurt Nimmo
Traduzione per EFFEDIEFFE.com a cura di Massimo Frulla
Fonte > Infowars
Decapitazioni. Una co-produzione Rita Katz
04 Settembre 2014
Nel video della più recente decapitazione, appare a sinistra il logo dell’Islamic State, la nera spaventosa bandiera sventolante del Califfo. Ma a destra, ecco il logo di una ditta che i nostri lettori di memoria lunga ben conoscono: SITE.
Guarda chi si rivede. SITE è l’acronimo di Search for International Terrorist Entities, l’avviata ditta della signora Rita Katz. Quella che per anni ha fornito ai media – dietro lauto compenso – le rivendicazioni autentiche di attentati da parte di Al Qaeda, autenticissimi messaggi registrati di Osama Bin Laden, prediche di Al Zawahiri con marchio d’origine controllata. Come facesse a scoprire questi messaggi prima e meglio della CIA e dell’FBI, la Katz non lo ha mai chiarito. Nella voce di Wikipedia che la riguarda e che s’è scritta da sé, asserisce di «passare ore a monitorare chat room jihadiste protette da password, in cui terroristi islamici discutono di politica, si scambiano suggerimenti, annunciano i loro piani e le loro imprese». Come le chat room dove gli appassionati di cucina si scambiano ricette; solo che quelle dei jihadisti chattanti sono protette da password. Impenetrabili, per la CIA. Invece Rita Katz le penetra, e ascolta e intercetta – anzi talvolta interviene fingendosi una jihadista, perché parla arabo, dice. E per questo viene pagata profumatamente per i video e gli audio che trova.
Ne racconta di belle, Rita Katz: dice di essere nata in Iraq e che suo padre è stato impiccato da Saddam Hussein per spionaggio a favore di Israele, nel 1968. Papà – racconta – fu impiccato nella piazza centrale di Baghdad, davanti a mezzo milione di persone plaudenti: Saddam aveva pagato il viaggio dalle provincie agli iracheni perché presenziassero allo spettacolo, e aveva perfino ingaggiato danzatrici del ventre che si esibirono sotto il patibolo. Insomma, già da questo si capisce quali sono le virtù di Rita: una geniale disposizione alla «narrativa» ebraica con la relativa amplificazione fantastica del vittimismo — come le innumerevoli vittime dell’Olocausto (sopravvissute e narranti con sempre nuovi orribili particolari), e come Elie Wiesel gli possono a buon diritto invidiare.
Come Elie Wiesel, oltre ad una esplosiva immaginazione Rita ha un solido senso degli affari e un vero genio dell’auto-promozione. Ha raccontato in un libro di successo, da lei definito «una semi-autobiografia» (Terrorist Hunter: The Extraordinary Story of a Woman Who Went Undercover to Infiltrate the Radical Islamic Groups Operating in America) come lei, «cacciatrice di terroristi», si sia infiltrata in gruppi di musulmani americani «mascherata da donna islamica, coperta dal burka e con apparecchi di registrazione», e partecipando a «raccolte di fondi e conferenze islamiche, frequentando moschee e prendendo parse a raduni a favore dei palestinesi» onde scoprire e smascherare i «terroristi» – preferibilmente di Al Qaeda – che si intruppavano in quei gruppi e in quelle moschee. Alcuni li ha denunciati e fatti condannare dai giudici americani, ben contenti di avere una tale ausiliaria. In molti casi ha deposto come teste d’accusa di musulmani accusati di terrorismo, confermandone i legami; anche se poi, a cose fatte, quasi tutti risultavano innocenti e hanno cercato di querelarla per diffamazione, per lo più senza cavare un ragno dal buco dato che la Katz è una testimone stimatissima dal FBI. Tanto stimata che, come ammise lei stessa, ricevette 130 mila dollari dai federali per testimoniare contro un tale Sami al-Hussayn, che stava seguendo un corso di post-laurea nell’Idaho nel 2004, (la sua colpa, alla fine, risultò di aver aiutato ad allestire il sito web della Islamic Assembly of North America, un’organizzazione per niente clandestina).
Il successo del suo libro semi-autobiografico (ossia semi-inventato), peraltro, non è venuto da sé. Rita ha brigato per farsi intervistare sulla sua «semi-autobiografia» di cacciatrice di terroristi islamici, dalla nota trasmissione televisiva della CBS «60 Minutes» – dove apparve nel 2003, perché i terroristi non la riconoscessero, «con una parrucca ed un naso finto». Superando con ciò in modo definitivo la comicità dello Zelig di Woody Allen .
Rita Katz è diventata giustamente famosa anche per aver scoperto nel 2007 (nei siti jihadisti con password) un video di Osama di Bin Laden di cui ciascuno può constatare ad occhio nudo l’autenticità, semplicemente confrontandolo con il Bin Laden “vero” come appariva nel 2004.
Con la morte di Bin Laden (quello che le forze armate USA hanno ammazzato mentre guardava la tv in Pakistan per poi sùbito affondarne il cadavere nell’Oceano Indiano, secondo il tradizionale rito islamico praticato dai beduini nel Sahara), sembrava che la stessa fama di Rita Katz e del suo SITE si fosse appannata.
Invece no! Ella è tornata tra noi! E da trionfatrice!
Ecco che il Califfato intende mandare un messaggio all’America, decapitando Steve Sotloff come ha già decapitato in diretta il povero Foley. È evidente la volontà del Califfato di dare all’orribile esecuzione tutta la pubblicità possibile. Non è difficile: basta postare il video del tagliagole con l’accento inglese su YouTube, e di sicuro diventa immediatamente virale. Milioni di persone lo vedrebbero, no?
Invece no. Troppo semplice. Il SITE di Rita Katz scopre il video (nelle solite chat room jihadiste protette da password) PRIMA che il Califfo lo dirami. Quindi può stampigliarci sopra il suo logo, e metterlo in vendita. Come fosse cosa sua, e non del Califfo. I media l’hanno pure pagato. Anzi, si apprende, per avere il genere di incredibili autentiche documentazioni che il SITE emana e produce e scopre, i media americani accettano di pagare 2700 dollari l’anno. Un abbonamento. Ma ne vale la pena, è tutta roba tosta.
Quindi adesso lo sappiamo: le tremende decapitazioni dell’IS sono una co-produzione Rita Katz. Ciò spiega molte cose: come mai il tagliagole in nero sia un disk jockey britannico; come mai il decapitato Steven Sotloff sia un americano con doppia cittadinanza israeliana (una produzione tutta in economia). Come mai il US National Security Council abbia dichiarato che il video è autentico.
E, infine, ciò spiega come mai, in un altro videoclip, l’IS minaccia Vladimir Putin con parole come «porteremo la jihad nei Caucaso». Che coincidenza: IS ed USA hanno lo stesso nemico. Una co-produzione Rita Katz, sempre sull’attualità.
Il Califfo: un altro pretesto per «vendere»
l’attacco USA contro la Siria
Maurizio Blondet
26 Agosto 2014
La raccapricciante decapitazione del giornalista James Foley? Ormai sonanti e così autorevoli le voci che sospettano il video sia un falso, che mi limito a indicarne i punti:
• Qualità HD (alta definizione) delle immagini. Telecamere: ne sono state usate due, montate su treppiede; il video ha subìto un montaggio. Microfoni: in miniatura, del tipo che nei talk show vengono applicati alle cravatte dei partecipanti; nel video, ne sono stati dotati sia il carnefice, sia la vittima. Così, si odono molto bene le loro parole. Nemmeno disturbate dal vento che soffia (ci sono microfoni con riduttori dei suoni atmosferici, i radio-reporter li usano appunto per riprese nel deserto)
• Il jihadista, quello con l’accento britannico, secondo i russi ha l’accento del New Jersey. Le sue scarpe sono quelle in dotazione alle truppe USA. Anche la bandoliera di ottimo cuoio grasso sembra mai usata, non è per nulla logorata, appena uscita da un ricco magazzino militare.
• La tuta arancio di Foley, nuovissima, sarà prestata dal magazzino della prigione di Guantanamo. Due anni prigioniero in mano ai suoi aguzzini, Foley sembra in buona salute, né spaventato né sfinito, anzi nemmeno dimagrito. Sa di dover morire orribilmente il minuto dopo, eppure non suda né si accascia, parla con fermezza ed eccezionale dignità (an America Hero, ovviamente).
• Lo sgozzamento: il video integrale è stato subito ritirato da YouTube – troppo, troppo brutto. Sicché non siamo riusciti a vederlo. Come e se è avvenuta davvero la decapitazione, non sappiamo. A Foley avranno tolto il microfonino da cravatta prima di decapitarlo?
• Il discorso del boia jihadista è destinato al pubblico occidentale: niente urla coraniche, nemmeno un Allahu Akbar come fanno questi quando sgozzano qualcuno, tutte le parole sono in inglese, nessuna in arabo. In brevi ma eloquenti parole, il britannico o del New Jersey presenta lo Stato Islamico come un esercito possente, che ha attorno a sé l’adesione delle masse musulmane di tutto il mondo: «Voi non combattete più un’insurrezione – dice – siamo un’armata islamica e uno Stato che è accettato da un gran numero di musulmani nel mondo». È esattamente quel che ha già proclamato il Pentagono (il Ministro Chuck Hagel e il Generale Martin Dempsey al suo fianco): l’IS mica è fatto di scalzacani, sono dei professionisti benissimo addestrati (da chi?), super-armati (da chi?), hanno le tasche piene di dollari e non solo ammazzano i bei giornalisti americani che sembrano attori di Hollywood, ma i cristiani; anzi, che dico, sono già entrati negli Stati Uniti, attraverso la frontiera del Messico. «ISIS threatens America!», è il titolone con cui Fox News tratta il tema: «L’ISIS minaccia l’America!».
Conclusione: «Per fermare l’ISIS è cruciale bombardare la Siria», come ha detto il Generale Martin Dempsey in conferenza stampa a fianco di Hagel.
Bombardare la Siria: che combinazione. È proprio quello che volevano fare gli americani, francesi e britannici più di un anno fa, con la scusa che Assad aveva massacrato la sua stessa popolazione coi gas, e che poi non riuscirono a mettere a segno perché Assad (su consigli di Mosca) li prese in contropiede mostrandosi pronto a consegnare la sue cosiddette «armi di distruzione di massa». Quella volta, le democrazie occidentali volevano aiutare gli islamisti, che loro armavano addestravano e pagavano, a rovesciare Assad. Adesso, lo vogliono fare per fermare i medesimi islamisti; li stanno bombardando un pochino i Iraq, ma è inutile: se non li si bombarda anche in Siria (soprattutto in Siria) è impossibile vincerli.
E questo è uno scopo per cui si è dovuto inventare, pagare, armare l’ISIS: scopo felicemente raggiunto. Anche se il Governo di Assad ha diffidato gli USA di bombardare il suo suolo; non ha bisogno di essere aiutato a liberarsi dai terroristi islamici con l’accento del New Jersey (o britannico). Tuttavia la Casa Bianca non se ne dà per inteso: si ritiene in diritto di bombardare anche senza il consenso dello Stato che «aiuta». Pensate solo se lo facesse Vladimir Putin.
L’altro scopo raggiunto è che, ora, gli europei si stringono ancor più attorno agli USA e sotto il suo ombrello: i tagliagole sono fra noi! Arrivano anche dalla Libia! Bisogna armare i kurdi! (gli eroici peshmerga, così poi avranno il loro Stato smembrando l’Iraq – come da progetto Kivunim), bisogna salvare i cristiani! Gli yazidi! Anzi, se gli USA comandano, anche noi manderemo inostri soldatini in guerra in Iraq, in Siria, dovunque: è la guerra di civiltà, è la necessaria ultima crociata... Alcuni siti cattolici sono cascati, ancora una volta, nel tranello. Hanno creduto agli snuff-movies che il califfo armato dagli USA ci ha propinato. Ecco un esempio: un attacco acuto di islamofobia giudaica:
«Mentre l’odore dei cadaveri di uomini, donne e bambini sale ormai al cielo gridando vendetta al cospetto di Dio, nel deserto di Ninive decine di migliaia di cristiani sono perseguitati da integralisti islamici [qui, qui, qui, qui, ecc..] che hanno tradotto in violenza e morte il verbo del falso profeta Maometto...».
Meno male che nello stesso blog Marcello Foa, giornalista de Il Giornale, ha corretto:
«...Salvo pochi analisti davvero coraggiosi e indipendenti, nessuno racconta com’è nato l’Isis, chi l’ha voluto, chi l’ha finanziato. La risposta è sorprendente: sono gli stessi americani d’intesa con alcuni tra cui Paesi del Golfo, gli israeliani e i britannici. Già, perché l’Isis rappresenta l’evoluzione di quelle bande armate – composte da fanatici e da criminali – che gli Usa assieme agli alleati hanno appoggiato e armato nel tentativo di rovesciare il regime siriano di Assad, come noto da tempo da più fonti e che sarebbe stato confermato recentemente, tra gli altri, da Snowden, svelando documenti ufficiali dell’agenzia americana National Security Agency. In internet girano foto di John McCain che nel febbraio 2011 incontra i cosiddetti ribelli siriani – tra cui anche gli attuali leader dell’Isis – definendoli dei «moderati». Sono quei «moderati» che – preso atto dell’impossibilità di rovesciare Assad – si sono staccati dalla Siria e hanno iniziato a invadere l’Iraq, mettendo facilmente in difficoltà il governo di Bagdad e alle strette i curdi ovvero altri amici ed alleati degli americani».
Sarà appena il caso di ricordare anche che i media ci fecero raggricciare mostrando le fosse comuni coi massacrati da Gheddafi, per poi scoprire che era un cimitero, ma servì ottimamente a farci appoggiare l’intervento umanitario anglo-francese che ha fatto della Libia un caos di sangue? Troppe delle notizie, troppi video raccapriccianti emanati dalla casa di produzione Califfo & Co. andrebbero meglio soppesati. Certo quelli stanno facendo anche stragi, ma con armi americane, e contro chi? Contro gli sciiti iracheni e siriani, essenzialmente. A Mossul, hanno compiuto 1700 esecuzioni dopo aver occupato la città. Il loro nemico era il Governo di Al Maliki – guarda caso, inviso anche agli americani. Fanno esattamente il lavoro raccomandato da Israele ed Usa.
Stavolta, Washington non ha avuto difficoltà a farsi legittimare l’intervento dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La Risoluzione n.2170 condanna chiunque aiuti ed armi IS e Al-Nusra... Al che un importante politico iracheno, Ibrahim Al-Jafaari (è stato primo ministro del governo provvisorio 2005-2006), ha esclamato: «Vorrei chiedere al Consiglio di Sicurezza: chi compra il petrolio siriano all’ISIS, e come arriva in Europa?».
Bella domanda: il Califfo e i suoi super-addestrati sgozzatori, avendo messo le mani su pozzi petroliferi i Siria e in Iraq, riescono a venderli sui mercati internazionali. Ciò dà loro la disponibilità, sostiene al Jafaari, di «tre milioni di dollari al giorno». Come mai un gruppo terrorista – e finalmente riconosciuto terrorista anche dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, proprio come sostiene dall’inizio il regime di Assad che ne è aggredito – riesce a vendere liberamente il petrolio rubato?
«La Turchia è il solo Paese – dice Al-Jafaari – per cui transita il petrolio rubato a Siria e Iraq per essere venduto in Europa. Perché non prendere provvedimenti radicali contro la Turchia, membro della Nato, per far cessare questo traffico?».
Effettivamente, in forza della Risoluzione 2170, alla Turchia dovrebbe essere impedito con la forza di intrattenere i rapporti con i terroristi, terroristi come tali riconosciuti dall’ONU. «La Turchia non è forse il principale punto di passaggio per i terroristi dell’ISIS verso la Siria e l’Iraq? Perché non vietare loro i porti e gli aeroporti?».
«E perché Abu Bakr al-Baghdadi e i suoi 12 collaboratori non figurano nella lista del terrorismo internazionale? Perché non si sono bloccati i loro averi? Perché non sono deferiti alla Corte penale internazionale? Perché quella decisione avrebbe potuto essere compromettente per gli alti esponenti Usa fotografati in compagnia di Al Baghdadi?». Allusione alle famose foto dell’altro ieri in cui il senatore McCain, giunto in Siria a felicitarsi coi guerriglieri, viene ascoltato con deferenza dal futuro califfo (1)...
E ancora: «Chi fornisce a IS le carte dettagliate dei territori siriani e iracheni? Chi indica ad IS i punti forti delle strutture difensive da evitare e i punti deboli da infiltrare in entrambi i Paesi? Chi pianifica le invasioni di IS in funzione di queste informazioni? Chi, se non forze che possiedono satelliti puntati sulla regione, le agenzie d’intelligence di Usa e NATO?».
Ah, saperlo...
1) Thierry Meyssan: «Ho potuto consultare un rapporti dei servizi di informazione estera. Vi si poteva leggere che la NATO ha organizzato al Cairo, il 4 febbraio 2011, una riunione per lanciare la «primavera araba» i Libia e in Siria. Secondo tale documento, la riunione era presieduta da John McCain. Il rapporto forniva la lista dei partecipanti libici, la cui delegazione era guidata da Mahmud Jibril, numero 2 del regime (di Gheddafi) che aveva bruscamente cambiato campo per divenire il capo dell’opposizione in esilio. Mi ricordo che fra i delegati francesi presenti, il rapporto citava Bernard Henry Lévy (...) Il 16 febbraio 2011, una manifestazione esplose a Bengasi (...) dopo tre giorni di combattimenti e di atrocità, dei rivoltosi lanciarono la sollevazione della Cirenaica contro la Tripolitania, un attacco terrorista che la stampa occidentale presentò come una ‘rivoluzione democratica’ contro il regime di Muamar Gheddafi. (...) Il 22 febbraio, McCain era in Libano. Vi incontrò membri del partito Corrente del Futuro (il partito di Hariri) che incaricò della supervisione del trasferimento di armi in Siria (...) Poi, lasciata Beirut, ispezionò la frontiera siriana e scelse i villaggi, specialmente Ersal, che dovevano servire come basi arretrate per i mercenari nella futura guerra (...) Nel maggio 2013, McCain entrò illegalmente presso Idleb in Siria, via Turchia, per incontrarvi i leader della opposizione armata. Il suo viaggio non fu reso pubblico che dopo il suo ritorno a Washington. Questa penetrazione era stata organizzata dalla Syrian Emergency Task Force che, contrariamente al suo nome, è un’organizzazione sionista diretta da un impiegato palestinese dell’AIPAC (...). Un mese prima di ricevere il senatore McCain, Ibrahim al-Badri, col nome di battaglia di Abou Bakr Al-Baghdadi, creò lo Stato Islamico in Irak e Levante, pur continuando ad appartenere allo stato maggiore della «moderata» Armata Siriana Libera. Egli rivendicò l’attacco alle prigioni di Taj e Abu Ghraib in Iraq, da cui fece evadere tra 500 e mille jihadisti che si sono uniti alla sua organizzazione. Questo attacco era coordinato con altre operazioni quasi simultanee in otto altri paesi. Ogni volta, i jihadisti evasi si univano ad organizzazioni combattenti in Siria. Questo affare fu tanto strano, che l’Interpol diramò una nota e chiese l’assistenza dei 190 paesi membri».
La parola agli esperti: la decapitazione di James Foley
è un probabile falso
25 Agosto 2014
Giovedì, un gruppo di esperti forensi britannici è giunto alla conclusione – confermando altre analisi – che il video della decapitazione perpetrata dall’ISIS sulla testa di James Foley è con tutta probabilità una messinscena realizzata “con trucchi fotografici e tecniche di manipolazione post-produzione”.
Il Telegraph riferisce che una società che si occupa di analisi forensi scientifiche e che opera su tutto il territorio britannico per conto delle forze di polizia, è giunta alla conclusione che “l’esecuzione di James Foley è probabile sia una messinscena, con la morte [eventualmente] verificatasi lontano dalle telecamere”.
Gli esperti hanno fatto presente che nonostante il boia di Foley sembri far scorrere la lama per ben sei volte lungo l’area del collo, non si vede fuoriuscire sangue. Il video stesso, di fatto, non mostra nessuna decapitazione. C’è invece un fermo immagine che vuole dare l’idea di mostrare la testa, decapitata, di Foley appoggiata sul corpo.
L’Inquisitr riferisce che “Aymenn al-Tamimi, un amico del ‘pensatoio’ Middle East Forum, fa presente che l’ISIS negli ultimi anni ha enormemente potenziato il livello della propria produzione [video] e non avrebbe grosse difficoltà nell’usare tecniche volte a falsificare una decapitazione. Anche se nel video non riescono a tenerle nascoste; infatti gli analisti sottolineano che nel video, nonostante sei coltellate al collo di James, non si vede nessun sangue e la reazione di Foley sembra assolutamente sconnessa con quanto accade realmente”.
Un aspetto sottolineato anche in altre analisi è quanto Foley si mostri calmo e tranquillo mentre legge le sue dichiarazioni, un comportamento completamente incompatibile con il fatto di stare per essere brutalmente ucciso.
Gli esperti sono anche giunti alla conclusione che un “tremito” nel filmato indichi che Foley abbia letto male una delle frasi e che quindi questa sia stata filmata nuovamente.
L’ovvia domanda che sorge è perché i militanti ISIS, che per la loro barbarie e spietatezza si sono rapidamente guadagnata una reputazione mondiale, non abbiano semplicemente decapitato Foley davanti all’obbiettivo, senza dover artefarre il filmato.
L’unica conclusione logica, che Foley sia poi stato ucciso o meno, è che il video non è stato prodotto o diffuso da veri militanti ISIS ma da agenzie occidentali di intelligence, perché fosse usato come casus belli per un’ulteriore espansione militare in Medio Oriente.
Per anni siamo stati estesamente documentati del fatto che i video propagandistici attribuiti ad Al-Qaeda, Bin Laden e ad altri terroristi erano di fatto realizzati da società che operano per conto del Pentagono e della Central Intelligence Agency.
È anche emersa l’identità della persona che ha “impersonato” il boia: un tal Abdel-Majed Abdel Bary, un ex-rapper proveniente da una ricca famiglia, che se ne è andato da Londra per combattere in Siria. Bary coincide perfettamente con il profilo di un informatore dei servizi di sicurezza britannici.
Il video della decapitazione è stato quindi usato come “manifesto propagandistico” per spingere nuovamente ad un attacco militare USA contro la Siria. Progetto che era saltato lo scorso anno dopo che un supposto attacco con armi chimiche attribuito al governo di Assad era risultato essere, con ogni probabilità, opera dei ribelli appoggiati dall’occidente.
Grazie al video della decapitazione di Foley, fonti ufficiali USA hanno così potuto parlare di “un nuovo contesto” per combattere l’ISIS, tanto che sabato Washington faceva presente l’intenzione di preparare un nuovo attacco militare alla Siria.
Nell’analisi di Infowars.com sono stati messi in evidenza numerosi altri fattori i quali suggeriscono in modo chiaro come il video di James Foley non sia quello che si vuol far credere: mancano altri militanti, cosa che accade invece di regola nei video delle decapitazioni; mancano riferimenti al Corano e mentre viene effettuata la brutale esecuzione non c’è nessuna invocazione ad “Allah Akbar”.
Qui sotto la nostra analisi del video della decapitazione di Foley. Avvisiamo che tale video non contiene nessuna immagine della decapitazione, come di fatto non ve ne era nessuna nel video originario eppure, nonostante ciò, YouTube lo ha parzialmente censurato classificandolo come “offensivo” e bloccandone la visione a chi non sia registrato.
www.youtube-nocookie.com/v/nD8jJrYXBQs?hl=it_IT&version=3
Paul Joseph Watson
Traduzione per EFFEDIEFFE.com a cura di Massimo Frulla
Fonte > Infowars